SPECIALE WOODY ALLEN
Decostruisci te stesso
Harry Block è una brutta persona e uno scrittore di successo nel pieno di un blocco creativo. Donnaiolo compulsivo, pessimo padre, fedifrago e narcisista, e tuttavia dipendente dall’utilizzo delle persone che hanno fatto parte della sua vita come materiale narrativo; detestato di conseguenza da tutti, che si riconoscono nelle proprie trasparenti versioni letterarie, dove Harry amplifica vizi e difetti altrui in un costante impulso autoassolutorio.
Decostruire Harry significa andare a sbattere contro un caos mentale ed emotivo insormontabile: l’accumulo di personaggi e linee narrative ci costringe a un eccesso di analisi che equivale a quello cui si sottopone costantemente Harry: analisi ed autoanalisi fini a se stesse, perché per capire la persona-Harry servono gli Harry-personaggi. È lampante che Allen smonta se stesso (come fa d’altra parte in molti dei suoi film più riusciti) e il procedimento creativo, il passaggio dalla vita all’arte delle proprie ossessioni e dei ruoli ricorrenti nella sua vita: le donne, la depressione, l’ateismo, l’ebraismo. A partire dal più sgradevole dei suoi protagonisti, Allen confeziona una dichiarazione d’amore all’immaginazione come unica e definitiva forma di salvezza: e dunque, va da sé, al proprio mestiere, al privilegio di sapere come si scrive una storia, al conforto di un universo immaginario e privato con le proprie regole. Non un inno poetico al lavoro nobilitante di cantastorie, ma una personale, egoistica, disperata e in qualche modo commovente via di fuga dal proprio caos esistenziale. Nel malinconico finale felliniano, in un Harry felice nel suo mondo autoreferenziale, fatto di proiezioni di se stesso, degli eventi della propria vita e di riferimenti affettuosi (spiriti letterari dickensiani, l’inferno di Maciste), non c’è redenzione, ma solo una rassegnata presa di coscienza, nella quale Harry si sistema comodamente, così come Woody Allen stesso. Siamo nel 1997, e già da tempo i critici definiscono il declino dell’Allen-autore. Harry a pezzi risponde con l’estremizzazione riuscitissima di tutte le caratteristiche alleniane: dialoghi brillanti, invenzioni da ricordare (il fuori fuoco di Robin Williams su tutte), una selva di attori famosi che si parlano addosso. Un onesto, malinconico atto programmatico, verboso, divertente e solo apparentemente autoindulgente, come i migliori film di Woody.
Harry a pezzi [Deconstructing Harry, USA 1997] REGIA Woody Allen.
CAST Woody Allen, Judy Davis, Kristie Alley, Demi Moore, Julia Louis-Dreyfus, Bob Balaban.
SCENEGGIATURA Woody Allen. FOTOGRAFIA Carlo Di Palma. MONTAGGIO Susan E. Morse.
Commedia, durata 96 minuti.