SPECIALE WOODY ALLEN
Drammi involuti
L’impianto narrativo dell’ultimo lavoro di Woody Allen, Blue Jasmine, sembra rappresentare, in qualche maniera, un tentativo autoriale di chiudere i conti con l’innata propensione al raccontare storie. Una sorta, insomma, di definitiva accettazione di quel disagio che, a quanto pare, il regista controbilanciava nei suoi film (uno l’anno, non a caso).
Blue Jasmine racconta, in principio, di un conflitto di classe senza tempo, quasi ostentatamente cartolinesco (come da programma), che vede una divisione arbitraria di due americhe agli antipodi. C’è New York e c’è San Francisco, e c’è pure un riferimento a Brooklyn, ancora vista (nel 2013!) come un borough di second’ordine nei confronti della più sofisticata Manhattan. Ma è una lotta che si riflette nel falso dramma familiare rappresentato nello snodo narrativo principale dell’operazione. In fondo Jasmine e Ginger non sono sorelle biologiche e ciò, in barba a qualsiasi possibile obiezione ideologica, ne riconferma la reciproca estraneità e comporta il congelamento di qualsivoglia progressione valoriale. Jasmine (o Jeannette) ha, secondo il luogo comune, la malattia della borghesia, e rimane perentoriamente interdetta dinanzi alla sciatteria un po’ pacchiana di Ginger. Quest’ultima, a sua volta, non comprende la nevrosi della sorella perché appartenente a un mondo a cui non ha accesso. Una storia che, viste le premesse, non ha nemmeno la dignità di trasformarsi in un’autentica tragedia familiare – considerandone il poco elegante controcanto venale – ma che, al contrario, si presenta quale castrazione preventiva del suo modello d’origine: Un tram che si chiama desiderio. Per tali motivi, Woody Allen, volutamente, non sviluppa alcun personaggio, e non permette all’intreccio di evolversi in alcun modo. È questa innata sfiducia che porta Blue Jasmine a rappresentare un mondo da un punto di vista distaccato quant’altri mai, conferendo alla performance attoriale di Cate Blanchett il mezzo prediletto per determinare il tono della vicenda. Per queste ragioni, Blue Jasmine pare il film più cupo e disincantato della filmografia di Woody Allen, il quale pare voler ribadire l’impossibilità di un reale turning point del genere umano.
Blue Jasmine [id., USA 2013] REGIA Woody Allen.
CAST Cate Blanchett, Alec Baldwin, Bobby Cannavale, Sally Hawkins, Michael Stuhlbarg.
SCENEGGIATURA Woody Allen. FOTOGRAFIA Javier Aguirresarobe. MUSICHE Cristopher Lennertz.
Drammatico, durata 98 minuti.