La prima – e forse unica – edizione del Torino Film Festival targata Paolo Virzì è stata, per tutti, un successo. Sale piene, incassi cresciuti di oltre il 30% e un clima festoso che si respirava entrando e uscendo dai cinema del festival: obiettivo raggiunto dal direttore, che al momento della sua presentazione, e poi da lì ad ogni occasione, ha sempre ribadito di volere un evento gioioso e pop(olare).
Il 2012 si era fatto ricordare per le polemiche sul cambio alla direzione (con Gianni Amelio esautorato a festival in corso) e con il “gran gesto” di Ken Loach che aveva rifiutato il premio alla carriera per una polemica col Museo del Cinema: tutto dimenticato quest’anno, in una rassegna che ha visto crescere il tasso di commedie (premiandone una, seppur d’autore, con il riconoscimento maggiore) e che ha visto la giocosità sempre in primo piano. C’è stato l’esordio del red carpet all’inaugurazione, cosa mai vista in città, gli interventi della banda per presentare tutti gli ospiti dei nove giorni di kermesse, personaggi popolari e feste partecipate: che poi sia questa la vocazione migliore per il TFF è però da dimostrare… Il premio principale è andato al cinema messicano con Club Sandwich, ma premi importanti sono andati anche a Le démantèlement e a Pelo Malo: titoli che avrebbero ben figurato anche nelle selezioni degli scorsi anni, a testimonianza di come ormai da 7 stagioni (da quando cioè, direttori a parte, la guida del TFF è in mano ad Emanuela Martini e al suo staff) la fisionomia dell’evento torinese sia delineata e riconoscibile, oltre che visibilmente apprezzata. Ospiti pochi ma di pregio, e in particolare Torino si è illuminata nell’accogliere Greta Gerwig, musa del cinema indie statunitense e perla di un parterre che ha visto in Elliott Gould il nome più noto e riconosciuto (venuto per dare il via alla apprezzatissima retrospettiva sulla New Hollywood).
Da redattore di CinemaItaliano.info non posso che concludere con qualche riflessione sul comparto italiano del festival. Virzì aveva annunciato mesi fa di voler puntare molto sull’Italia, e così (in parte) è stato: il premio del pubblico assegnato a Pif testimonia che gli spettatori hanno apprezzato le scelte, mentre la critica ha lodato l’altro titolo italiano del concorso, Il treno va a Mosca. C’è poi stato anche il saluto affettuoso a Carlo Mazzacurati, vincitore del premio alla carriera e qui presente con l’opera minore La sedia della felicità. Interessante infine il lotto di documentari italiani presenti, che ha visto trionfare “I fantasmi di San Berillo” di Edoardo Morabito ma aveva al suo interno almeno altri due-tre titoli che avrebbero ugualmente meritato il premio maggiore.