FilmMaker Festival, 29 novembre-8 dicembre 2013, Milano
Tra due immagini c’è un bosco
Dopo la presentazione e il successo al MoMa di New York, arriva al Milano FilmMaker l’ultimo lavoro di Michelangelo Frammartino, Alberi, una “cine-installazione” che, con profonda libertà e coerenza, conferma e rinnova la ricerca del proprio autore.
Alberi riprende, strappandolo all’oblio, un rituale arboreo attivo a partire dal Medioevo presso Satriano di Lucania: quello dei romiti, uomini-albero avvolti di edera al limite dell’irriconoscibilità, che bussavano alle case del paese per chiedere l’elemosina. Si tratta di un rituale specifico della Lucania, terra etimologicamente legata al culto dei boschi, che col tempo è stato assimilato all’immaginario della maschera e si è perduto. Il lavoro di Frammartino, muovendosi tra passato e presente, rielabora i materiali del rituale e li trasfigura in immagini, rendendo visibile ciò che rischiava di diventare invisibile perché dimenticato. Nel tentativo di ricostruire questo evento – qualcosa di più aperto di un racconto, capace cioè di trasformarsi di occhi in occhi e di ricorrenza in ricorrenza – Frammartino si pone anzitutto il problema di come creare una relazione con lo spettatore, lasciandolo libero di scegliere cosa e come guardare. In questo senso la sua regia è esemplare per lo sforzo di mettere in crisi, in modo sottile, la tradizione visiva, ribaltando la gerarchia tra primo piano (gli uomini) e sfondo (gli alberi, la natura), dotando anzi il background di una dignità inedita. Dopo un emozionante piano sequenza immersivo, tutto girato nel bosco fino alla rivelazione del piccolo paese lucano, assistiamo alla preparazione del rito, in cui la figura umana gradualmente si trasfigura in presenza “vegetale”, con immagini aperte, percettivamente oscillanti tra finzione e documentario, pianificazione e caso, ordine e disordine. Questa ambivalenza dell’immagine, in cui l’elemento inanimato del bosco prende letteralmente vita, accompagna l’ingresso dei romiti nel paese, ora circondato dal verde delle foglie, fino all’inquadratura finale in cui la macchina da presa viene inghiottita tra le fronde, e tutta la storia può ricominciare, concedendo grazie all’uso del loop la possibilità di un ciclo infinito che annulla il tempo e il concetto stesso di inizio o conclusione. Il cinema di Michelangelo Frammartino, votato alla ricerca dell’invisibile, della parte mancante, di ciò che si nasconde dentro l’immagine, chiama in causa lo spettatore e lo impegna a cercare di fare proprio il film, anzi di fare il proprio film. Diceva Wim Wenders che tra due immagini c’è un luogo, alludendo all’esistenza di uno spazio da cercare e assimilare con la visione. Documentando warburghianamente ciò che sarebbe potuto accadere – grazie a Alberi infatti il rituale dei romiti sta rinascendo in Lucania – Michelangelo Frammartino ha donato allo spettatore, tra le su immagini, un bosco.
Alberi [Italia 2013] REGIA Michelangelo Frammartino.
SCENEGGIATURA Michelangelo Frammartino. FOTOGRAFIA Ita Zbroniec-Zajt.
Cine-installazione, durata 28 minuti.