L’attenzione quasi maniacale al personaggio, al suo aspetto, agli oggetti che lo caratterizzano è da sempre la cifra stilistica di Wes Anderson a partire dal capriccioso adolescente Max Fischer (Jason Schwartzman) di Rushmore (1998). Ogni dettaglio, ogni accessorio è funzionale alla costruzione dell’identità del protagonista del film, sempre malinconico, stralunato, vanesio infantile e tormentato da complicate relazioni famigliari, diverso in ogni opera e nel contempo sempre uguale.
La Margot (Gwyneth Paltrow) de I Tenenbaum (2001) attraverso la sua Lacoste a righe, la giacca in visone di Fendi (disegnata dal regista stesso assieme alla maison italiana), il Kajal nero sugli occhi, veicola un modo di essere, una predisposizione e un’attitudine a un universo filosofico, artistico e culturale ben preciso, ereditato – un decennio dopo – dalla dodicenne Suzy (Kara Hayward), protagonista di Moonrise Kingdom (2012). La tuta Adidas in acetato dal sapore vintage di Chas (Ben Stiller) de I Tenenbaum è una divisa dalla quale lui e i suoi figli non si possono spogliare, è il simbolo dell’appartenenza a un nucleo famigliare che ha dovuto chiudersi per sopravvivere al dolore di una perdita e per la stessa stringente esigenza di protezione, la ciurma capitanata da Steve Zissou (Bill Murray), protagonista di Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2005), indossa le Adidas Zissou: sneakers bianche con bande blu acquamarina e lacci gialli disegnate appositamente dal regista e dai suoi collaboratori per l’equipaggio della Belafonte. Con Il treno per il Darjeeling (2007) e il corto che lo precede Hotel Chevalier, l’accessorio si eleva addirittura a personaggio: il set di undici valigie Luis Vuitton (firmate Marc Jacobs con i disegni di Eric Anderson) rappresenta la presenza celata di un padre ingombrante che non intende permettere ai tre figli maschi di conciliarsi con il passato.
L’ossessione per il dettaglio che veste i personaggi e gli ambienti creati da Anderson ha convinto la maison italiana Prada ad affidargli, dopo il successo del bellissimo
a puntate per il profumo della casa, “Candy”, la realizzazione di un piccolo film di otto minuti, Castello Cavalcanti, presentato al Festival Internazionale del film di Roma. Il film mette in scena il soggiorno forzato in un borgo – dove il tempo si è fermato agli anni ’50 – di uno stravagante personaggio (interpretato da Jason Schwartzman) che veste i colori di Jack Whitman (sempre Schwartzman), protagonista di Il treno per il Darjeeling, ma ha la stessa sicura sfrontatezza del giovane e lontano Max Fischer. L’ossessiva perseveranza nella messa in scena del Dandy personalissimo di Anderson dà esito a risultati struggenti e inaspettati. Anche questo piccolo film non si può perdere.