E adesso come ne usciamo?
Se vi venisse in mente di realizzare una serie televisiva in puro stile americano, magari una di quelle storie in cui dei superagenti governativi mettono su un complotto contro il presidente degli Stati Uniti (Giulio Cesare who?) e rapiscono una famiglia intera minacciando di uccidere tutti se uno dei componenti non assassina il sopraccitato presidente, potete abbandonare il progetto e tirare i remi in barca: l’hanno già fatta e si chiama Hostages.
Tutta questa americanità, con il panico da “attacco al presidente”, in fondo coinvolge anche gli spettatori e lo fa per tutta la prima puntata, forse anche per la seconda. Dal terzo all’ottavo dei quindici episodi previsti per questa prima stagione però la sceneggiatura prende una piega non molto convincente e tutti, personaggi e autori compresi, sembrano chiedersi “e adesso come ne usciamo?”. Così, sul giungere della pausa di metà stagione rimangono tante domande in sospeso (molte delle quali iniziano con “Perché…”) e tante speranze che la serie esca dal pantano in cui si è cacciata. La trama è stagnante e ogni puntata, con il cliffhanger finale, appare come un animale spiaggiato che continua a dibattersi cercando di recuperare e dare un senso alla propria esistenza. Ed è un peccato, perché una serie così ricca di suspense e colpi di scena potrebbe anche ogni tanto allontanarsi dai toni cupi e grigi che non abbandonano mai le inquadrature, per creare situazioni artistiche e diversivi di sceneggiatura che farebbero risaltare i pregi che, seppure non molti, la serie ha. Si può comunque dire, per quanto riguarda gli stilemi del genere, che soprattutto le riprese non sbagliano quasi mai e mantengono sempre l’atmosfera sospesa e ambigua necessaria alla sceneggiatura. Primi piani intensi (un po’ à la Boris) e indugi insistenti su dettagli (sulle mani in particolare) non riescono però ad ovviare alla prevedibilità dilagante della serie. Le situazioni che si succedono tra l’altro hanno allo stesso tempo il potere di sorprendere, per le nuove trovate sempre ben collegate le une alle altre, e di deludere, perché è ogni volta molto semplice prevedere il finale della storia e il fondo del cul de sac. Tra gli attori, infine, nessuno eccelle, ma tutti fanno il loro lavoro in maniera sufficiente; ma se c’è una cosa che le serie tv sembrano volerci insegnare (American Horror Story prima di Hostages), è che se Dylan McDermott vi viene incontro per strada, è meglio girare i tacchi e tornare indietro.
Hostages [id., USA 2013] IDEATORI Alan Aranya, Omri Givan.
CAST Toni Collette, Dylan McDermott, Tate Donovan, Quinn Shepard, Mateus Ward.
Azione/Drammatico, durata 45 minuti (episodio), stagioni 1.