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Il paradiso degli orchi

sabato 16 Novembre, 2013 | di Lucia Occhipinti
Il paradiso degli orchi
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Pennac for family
È quasi una trovata disneyana, quella ideata da Daniel Pennac. Con Malaussène, capro espiatorio per professione, lo spettatore riesce a identificarsi subito, o se non altro simpatizza. Sfortunato e simpatico, Benjamin Malaussène, incarnazione dell’uomo comune, approda sul grande schermo, con Raphaël Personnaz che gli dà volto e uno sguardo da cane bastonato.

Nicolas Bary traspone Il Paradiso degli orchi concretizzando visivamente il centro commerciale, tempio della modernità dove si consumano orrori, e tralascia Belleville, il quartiere multietnico di Parigi dove abita lo sfigato protagonista, mediacritica_il_paradiso_degli_orchiaccennandone qua e là qualche dettaglio – un mercato di frutta o una lavanderia di terz’ordine – ma senza allargare la cinepresa. Se il modello di riferimento era Notting Hill (passeggiata al mercato, bancarelle, protagonista innocente e svampito), l’arrondissement parisien non godrà però della stessa fortuna pubblicitaria, in assenza di una sequenza che lo immortali. Tutto concentrato sulla storia, il film diventa per lo più azione. Anche Parigi, sotto i colori di un cielo digitale, non sembra neanche Parigi e il ritmo della narrazione è molto poco francese: la strizzata d’occhio alla commedia americana è evidente. Il soggetto è d’autore, così la sceneggiatura eredita la freschezza del successo editoriale di Pennac. Benjamin Malaussène lavora come capro espiatorio per un grande magazzino: con la sua innocenza suscita la pena dei clienti che protestano all’ufficio reclami e salva l’azienda dagli oneri delle eventuali cause giuridiche. Dei misteriosi incidenti interrompono le sfuriate di routine, dando vita a un poliziesco che si svolge tra i camerini e i reparti di lingerie. Gli attori entrano nei personaggi agilmente, con una Bérénice Bejo in piena fase esplosiva della carriera, stavolta nelle vesti grintose di una sexy giornalista d’inchiesta. Il montaggio gioca certamente un ruolo fondamentale nell’escalation del ritmo: suspense senza angoscia e qualche risata grazie a un paio di battute sferzanti. Il blockbuster, nel complesso, risulta ben fatto e piuttosto riuscito. Con buon lieto fine di rito e in attesa di un sequel.

Il paradiso degli orchi (Au bonheur des ogres, Francia 2013) REGIA Nicolas Bary.
CAST Bérénice Bejo, Emir Kusturica, Raphaël Personnaz, Ludovic Berthillot.
SCENEGGIATURA Jérôme Fansten, Nicolas Bary, Serge Frydman. FOTOGRAFIA Patrick Duroux. MUSICHE Rolfe Kent.
Commedia, durata 92 minuti.

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