SPECIALE ADOLESCENTI RIBELLI, II PARTE
Vedi alla voce ninfetta
La storia umana, lo sappiamo, trabocca di moltissime ninfette, ma cosa porta con sé la figura della ragazzina di perturbante sessappiglio entrata nell’immaginario collettivo grazie al capolavoro di Vladimir Nabokov e al (ben differente) adattamento per lo schermo che nel 1962 ne fece Stanley Kubrick?
La risposta è rintracciabile nell’incipit narrativo di Lolita, quando cioè il professor Humbert Humbert, europeo in cerca di fortuna e di un luogo dove vivere negli States, vede per la prima volta la quattordicenne Dolores Haze distesa in giardino, occhiali da sole e costume da bagno: l’innamoramento trascende la pur fortissima attrazione fisica e, calata in un contesto di prosaica quotidianità americana, Lolita assume piuttosto le sembianze di una rivelazione, un’immagine improvvisa e balenante, nella quale illuminandosi a vicenda passato e futuro creano un’oscillazione irrisolta tra straniamento e nuovo evento di senso. Prima ancora di una giovane intrisa di provocazione, Lolita è un fantasma, un’immagine mentale, l’immagine di un’immagine – e infatti, ci dice Nabokov, risveglia in Humbert il ricordo di un amore non consumato in adolescenza: essendo tutta dentro gli occhi di chi guarda, la ninfetta Lolita è la figura senza vita e senza età che Humbert può modellare con la mente, votandovisi indissolubilmente e al limite della pazzia. Se è di ribellione che vogliamo parlare, essa concerne il tentativo di imprigionare questa attrazione fuori dal tempo, di costruire un paradiso a due fatto di fughe e di isolamento, e far coincidere la ricerca del passato con il culto del feticcio. “Quel che mi fa impazzire è la duplice natura di questa ninfetta, di ogni ninfetta forse: il miscuglio nella mia Lolita di una tenera sognante puerilità e una specie di strana volgarità”, scrive Humbert nei suoi diari: la materia della sua riflessione tocca goffamente il grottesco sottinteso sessuale, ma il desiderio è destinato a rimanere fantasia, erotica e insieme trascendente, perché Lolita consumerà i propri inganni infantili e si libererà di Humbert, soddisfatta di una nuova e altrettanto prosaica esistenza, casa bimbo famiglia bollette. A Humbert non resta che punire il colpevole di questa separazione, quel Clare Quilty cui Peter Sellers dona una straordinaria immagine camaleontica e che incarna, a bene vedere, la paura ossessiva di Humbert per tutti gli altri uomini. Quando Humbert spara e uccide Quilty, tra assassino e assassinato c’è la tela dipinta con il ritratto di una giovane ragazza, su cui il patrigno – ancora un’immagine sessuale – scarica ferocemente i proiettili del proprio caricatore: è il gesto finale di una parabola in cui Humbert rivendica il proprio primato su Lolita, profanando il volto di un’immagine mentale in cui non riesce a leggere il delirio della propria ossessione.
Lolita [id., Gran Bretagna/USA 1962] REGIA Stanley Kubrick.
CAST James Mason, Sue Lyon, Peter Sellers, Shelley Winters.
SENEGGIATURA Vladimir Nabokov. FOTOGRAFIA Oswald Morris. MUSICHE Nelson Riddle.
Drammatico, durata 153 minuti.