SPECIALE ADOLESCENTI RIBELLI, II PARTE
Junkie Generation
Due mondi apparentemente inconciliabili: da una parte l’irripetibile età della prima adolescenza, gli sconosciuti impulsi di un corpo che cambia, il primo bacio, il primo concerto, il primo drink che fa girare la testa, il primo insoddisfacente “tiro” a una sigaretta, il distacco da genitori-intrusi con i quali sembra impossibile comunicare; dall’altra un buco nero profondo e disperato, sguardi vuoti, pupille a punta di spillo, siringhe infette, soldi sporchi, corpi pronti a vendersi per una dose, l’interno di un’affollata stazione dove occhi benpensanti fingono di non vedere.
Non ci sono argini per una generazione che sembra disposta a perdersi nel mondo della droga, prima come forma estrema di ribellione e di (in)consapevole nichilismo e poi come unica possibilità di sopravvivenza, quando l’eroina, imprigionati corpo e mente, spinge insaziabile verso il baratro dove la paura dello “stare a rota” cancella quella dell’overdose fatale. Il romanzo best seller del 1978 fu la cruda e implacabile rivelazione di una realtà spaventosa, un mondo disperato popolato non solo da emarginati, ma anche da giovani provenienti da famiglie normali, nei quali l’iniziale avvicinamento al mondo degli stupefacenti avveniva con estrema superficialità, senza alcuna consapevolezza. Una ribellione estrema e vuota allo stesso tempo, palliativo mortale alla noia di vivere, una perversa via di fuga da una quotidianità non per forza difficile, ma anche solo banale e ripetitiva, il male oscuro di una società solo apparentemente pronta a soddisfare qualunque desiderio e bisogno. L’esperienza di vita dell’autrice e protagonista Christiane F., la sua discesa nel mondo dell’eroina, i suoi fallimentari tentativi di uscirne, le persone che hanno popolato la sua esistenza di adolescente tossica: tutto descritto con sorprendente onestà e implacabile realismo in un’autobiografia che sconvolge ancora oggi, contraltare disperato ai viaggi drogati e intellettuali di quella Beat Generation dove consapevolezza e genialità affioravano dai meandri della dipendenza spandendo un’aura quasi mistica su tutto il resto. Il film culto di Uli Edel non ha suo malgrado la stessa forza della pagina scritta, perché si pone a mezza via tra finzione e cinema verità: scegliendo di mostrare senza spiegare perde, nella sua programmatica discesa agli inferi, la carica di angosciosa sincerità che la vera Christiane ha saputo trasmettere raccontando la sua vita da eroinomane. Più di tutto, il film manca di un punto chiave che dovrà attendere più di dieci anni per la propria legittimazione cinematografica con il Mark Renton di Trainspotting (o meglio, di Irvine Welsh): “[…] quello che la gente dimentica è quanto sia piacevole, sennò noi non lo faremmo. […] Prendete l’orgasmo più forte che avete mai provato. Moltiplicatelo per mille. Neanche allora ci siete vicini”.
Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino [Christiane F. – Wir Kinder vom Bahnhof Zoo, Germania Ovest 1981] REGIA Uli Edel.
CAST Natja Brunckhorst, Thomas Haustein, Jens Kuphal.
SCENEGGIATURA Herman Weigel. FOTOGRAFIA Justus Pankau, Juergen Juerges. MUSICHE David Bowie.
Drammatico, durata 124 minuti.