SPECIALE ADOLESCENTI RIBELLI
Funerali liberatori
L’occasione di questo Speciale sugli adolescenti ribelli dà l’opportunità di rivedere una delle pellicole più importanti e sovversive del cinema italiano degli ultimi 50 anni. I pugni in tasca di Marco Bellocchio: la provincia italiana malata e i suoi figli.
L’entrata di diritto in questo Speciale dell’esordio di Bellocchio non avviene solo per i suoi protagonisti, ribelli e rivoluzionari, ma anche per il regista stesso, non più adolescente ma autore perennemente controcorrente. Al tempo giovane venticinquenne, Bellocchio realizzò un’opera scioccante e anarchica che sapeva dare uno sguardo realmente laico della nostra società. Non si giudica e non si condanna, bensì si mostra, senza per forza dover camuffare il tutto con ricostruzioni storiche o atemporali. È un neorealismo ancora più tragico e cinico, uno spaccato da cronaca nera privo di morbosità. Complessi edipici in cui la figura materna viene annientata senza particolari tragedie, una ribellione estrema in anticipo su quel ’68 e sugli anni di piombo in cui la società si perderà in seguito. Ale, il personaggio di Lou Castel, è malato, le sue intenzioni sono squilibrate, ma sono frutto di una famiglia in perenne evoluzione che era lo specchio, deformato forse ma concreto, di quella medioborghese. Bellocchio sbatte in faccia la deflagrazione della famiglia attraverso un montaggio anarchico e imperfetto, intere sequenze con raccordi irreali e una nevrosi tipica di chi ha urgenza di lanciare un grido di allarme, una “pratica” utilizzata anche da un altro contestatore del tempo, quel Tinto Brass degli esordi “dimenticati”. La visione dei Pugni in tasca è folgorante ancora oggi dove raramente ci si imbatte in una pellicola così innovativa, quasi un trattato sempreverde sull’adolescenza. Ci sono “i bronci”, l’incomunicabilità, la sessualità aspra ma imperante, gli atti violenti a cui tutti in quell’età, almeno una volta, hanno pensato. Tutto mosso da una crudeltà estrema ma lucida. Nel tempo si è guardato con ironia ai Pugni in tasca, perché ritenuto un esordio acerbo e sperimentatore, ma Bellocchio ha dimostrato il contrario: era il principio di un discorso che proseguirà scardinando i dogmi cattolici, e badate bene non religiosi, della nostra società e le sue storie sempre finalizzate al libero arbitrio a alla voglia di verità. Pensiamo alla Dalser di Vincere, l’Ernesto di L’ora di religione o al Moro di Buongiorno, notte: non sono forse “compari” di Ale e sue proiezioni in un futuro che è sempre più immobile? Non più adolescenti, ma ancora insofferenti.
I pugni in tasca [Italia 1965] REGIA Marco Bellocchio.
CAST Lou Castel, Paola Pitagora, Marino Masè, Pierluigi Troglio, Irene Agnelli, Jeannie McNeil.
SCENEGGIATURA Marco Bellocchio. FOTOGRAFIA Alberto Maramma. MUSICHE Ennio Morricone.
Drammatico, durata 107 minuti.