SPECIALE ABDELLATIF KECHICHE
Sguardo aderente
Racchiudere un mondo all’interno di un’inquadratura, inondando lo spazio visivo con i volti dei propri protagonisti: La vita di Adele rispetta per tutta la sua durata un equilibrio di sguardo sempre in bilico tra contesto e racconto d’intimità.
Il primo piano totalizzante che ci accompagna per quasi tutta la durata della pellicola non priva lo sguardo sul contesto sociale, evitando di diventare limitata veduta d’insieme; intuiamo ad esempio l’estrazione piccolo-borghese di Adele fin dal primo pranzo, senza che la camera abbia mai bisogno di staccarsi dai volti, attraverso il cibo e l’atto di mangiare. Kechiche raggiunge una sintesi di sguardo che eccelle nella sua semplicità, schivando quel forzato senso d’impegno civile, come manifesto senso d’inferiorità, presente altrove: ne La vita di Adele i differenti piani riescono a mantenersi costantemente in un naturale equilibrio. Una vicinanza della cinepresa in grado, allo stesso tempo, di donare le vicinanze e le distanze che percorrono l’interno della storia tra Adele ed Emma, un amore che passa attraverso la scoperta sessual-adolescenziale, esaltata dalla prossimità di sguardo nei confronti dei corpi generosi delle due protagoniste, accentuando maggiormente la voluttuosità nelle forme e la consistenza fisica, lasciandosi andare nell’affondare le mani sulle superficie di una desiderabile carnalità. Le scene di sesso divengono in questo senso impossibili da giustificare con un significato razionale, ma essenziali nella loro sensibile morbidezza fisica, conditio sine qua non di un’amore nato e costruito sull’irrefrenabile attrazione delle piccole imperfezioni epidermiche che lo sguardo, nostro e delle protagoniste, coglie nella sua vicinanza emotiva. La vita di Adele nel suo percorso amoroso ne coglie anche la crisi mantenendo la stessa vicinanza di camera, modulandone però la visione, nella quale i raccordi di sguardo non ricambiati rompono quella comunione tra le due. È la differente complessità discorsiva che intercorre tra Adele ed Emma, ora adulte, che crea un sostrato portandole ad allontanarsi da quella naturalezza di rapporto e semplicità desiderativa che faceva a capo nella nascita della nuova relazione. Kechiche realizza un’opera priva – o incapace – di sensazionalismi, la più rohmeriana tra le sue, nell’apparente semplicità verbale ed esilità di ripresa, fondata sulla modularità dell’approccio di ripresa che raggiunge il grado più alto nel rapporto tra intimità e contesto sociale, fondendo i due campi in una naturale indistinguibilità.
La vita di Adele [La Vie d’Adèle – Chapitres 1 & 2, Francia/Belgio/Spagna 2013] REGIA Abdellatif Kechiche.
CAST Adèle Exarchopoulos, Léa Seydoux, Salim Kechiouche, Aurélien Recoing.
SCENEGGIATURA Abdellatif Kechiche, Ghalia Lacroix (tratta dalla graphic novel Il blu è un colore caldo di Julie Maroh). FOTOGRAFIA Sofian El Fani. MONTAGGIO Albertine Lastera, Camille Toubkis, Sophie Brunet, Ghalia Lacroix, Jean-Marie Lengelle.
Drammatico, durata 179 minuti.