Tutta colpa degli alieni
Siamo talmente abituati alle possessioni demoniache che ci sembra strano, una volta tanto, che siano gli alieni e non i demoni a prendere di mira la solita tipica famiglia americana. È quanto accade nell’ultimo film di Scott Stewart, Dark Skies – Oscure presenze.
In una tranquilla cittadina americana – l’incipit ricorda vagamente quello di Velluto blu di Lynch – la famiglia Barrett è protagonista di singolari eventi notturni che non trovano una razionale spiegazione. Il figlio più piccolo, Sammy, viene regolarmente posseduto da qualche pericolosa entità. Grazie all’aiuto di un esperto, i genitori arrivano alla conclusione che i responsabili di quanto accade sono gli alieni. Un mix di horror e fantascienza certamente non nuovo al grande schermo, che risale almeno al dopoguerra quando il cinema di serie B sfornava film sulle invasioni aliene – che poi altro non erano se non la metafora della “paura rossa” – per proseguire fino ai giorni nostri, alimentando l’ufologia anche in termini cinematografici. Con Dark Skies siamo di fronte all’ennesimo horror tutto sommato prevedibile che di originale non ha praticamente nulla – questo non significa che non sia un buon prodotto d’intrattenimento, con tanto di scene ad effetto per far sobbalzare lo spettatore dalla poltrona e un finale che riserva alcune sorprese. Si abusa ulteriormente delle videocamere, installate dai Barrett per monitorare gli avvenimenti in un evidente richiamo a Paranormal Activity. E non basta prendere qualche spunto dalla realtà contemporanea – il padre è alla disperata ricerca di un lavoro – o inscenare strani accadimenti meno convenzionali – è il caso dell’”installazione di arte contemporanea” messa in opera dagli alieni in cucina, o gli stormi di uccelli che si infrangono sulla casa, che riecheggiano il celebre film di Hitchcock – a salvare dalla vacuità l’ultima fatica di Scott Stewart. E nemmeno l’inserimento dei problemi adolescenziali del figlio più grande alle prese con l’iniziazione al sesso. Sembra evidente ancora una volta l’incapacità del genere orrorifico di creare qualcosa di diverso, percorrere strade alternative, rinnovarsi come era accaduto nella prima metà degli anni Duemila. Certo l’horror è un genere nato per spaventare lo spettatore nel tentativo di esorcizzare le paure più comuni ma, a parere di chi scrive, l’obiettivo non può essere soltanto questo. Ci deve essere qualcos’altro implicito in quello che si vuole mettere in scena, che sappia trascendere il film e colpire lo spettatore in riferimento al contesto in cui vive. Questa è la vera paura. E soltanto così il film non cesserà con l’accendersi delle luci in sala al termine dei titoli di coda. Invece, ci dobbiamo accontentare dei tanti Dark Skies, almeno finché arriverà il giorno in cui il pubblico si stancherà.
Dark Skies – Oscure presenze [Dark Skies, USA 2013] REGIA Scott Stewart.
CAST Keri Russell, Josh Hamilton, J.K. Simmons, Dakota Goyo, Kadan Rockett.
SCENEGGIATURA Scott Stewart. FOTOGRAFIA David Boyd. MUSICHE Joseph Bishara.
Horror/fantascienza, durata 97 minuti.