Horror vacui
James Wan è un regista di aspettativa: appoggiandosi sul preconcetto creatosi nell’horror in questi anni, si concentra sulla disattesa dello spavento e della sua preparazione per colpire differentemente, rimanendo in contraltare affascinato su elementi classici nel genere.
Insidious 2 riprende dove il primo capitolo aveva lasciato, con un tormento che prosegue anche dopo il rito di liberazione dall’altro mondo, e dove i contatti tra le due dimensioni non hanno più bisogno di esser differenziati perché le soglie ormai sono varcate. E’ l’ordine famigliare che continua a mancare, dove la presenza paterna -Josh salvatore ma al contempo portatore del demone- continua ad essere necessaria ma vacillante, sempre più insidiosamente origine di un male inarginabile, e dove i riferimenti, per niente velati, a Shining spostano il genere sul terreno della dissoluzione mentale del nucleo famigliare. Ma è anche la contrapposizione di opposti amori materni a risaltare, fonte di un’alterità non svincolabile con il maligno dell’altro mondo. Legato a questo aspetto assume maggior carattere l’insistenza di una paura legata al volto e alla deformazione dello stesso, rimando al gioco illluministico e al make up di un cinema horror ormai quasi trapassato, come allo stesso tempo il riutilizzo di alcuni topoi del genere che vanno dall’ambientazione, la casa infestata, all’oggettistica, il pianoforte. Wan è consapevole che per generare tensione e incertezza non è necessario basare l’intera architrave orrorifica sulla gestione dello spavento, con un’alterità che aggredisce di soprassalto il pubblico, ma al contrario la condizione destabilizzante è presente fin dal momento che lo spettatore entra in sala. E’ l’aspettativa di dover esser spaventati e di trovare lo spavento alla fine di un climax che è il giocoforza dell’horror contemporaneo; Wan al contrario scioglie la carica tensiva costruita per cogliere alle spalle sia personaggi che spettatori, nel quale la comparsa delle entità avviene solo dopo il mantenimento dell’unità di tempo e spazio di un unico movimento di macchina. I due Insidious si possono riassumere nei loro titoli di testa, dove la ripresa di oggetti e spazi assume un valore inquietante indipendentemente dal fatto che al loro interno si trovino malefiche alterità, divenendo così immagini puramente definite dalla loro aspettativa. Solo superficialmente, e tematicamente, ci troviamo di fronte a pellicole conservatrici, ma che rivelano progressivamente una disattesa, minando quei processi che immobilizzano l’horror contemporaneo da ormai qualche anno. Ovvio, Wan, non s’inventa nulla dato che le alterità, e l’esposizione delle stesse, non si discostano molto da quella eversive del primo Raimi, ma di certo siamo di fronte a qualcuno che il genere lo sa maneggiare, e anche bene.
Oltre i confini del male – Insidious 2 [Insidious: Chapter 2, USA 2013] REGIA James Wan.
CAST Patrick Wilson, Rose Byrne, Barbara Hershey, Lin Shaye.
SCENEGGIATURA Leigh Whannell. FOTOGRAFIA John R. Leonetti. MUSICHE Joseph Bishara.
Horror, durata 105 minuti.