SPECIALE ALFONSO CUARÓN
Le età della vita
Un uomo di mezza età accompagna una giovane ragazza, Claire, lungo Boulevard de Courcelles, XVII arrondissement di Parigi. Lungo la passeggiata si parla di un certo Gaspard e delle reazioni che potrebbe avere rispetto al loro incontro. Gaspard sembrerebbe fino all’ultimo il compagno di Claire, finché un neonato in carrozzina rivela la natura dei rapporti fra i personaggi: l’uomo anziano è il padre di Claire e la figlia gli ha appena chiesto, non senza una certa apprensione, di fare da baby-sitter al proprio nipotino.
Molto potrebbe scriversi sulla trasformazione del tradizionale film a episodi in eterogenee operazioni antologico-commerciali, dedicate alle grandi città, a eventi storici di portata collettiva, o alla mitizzazione del cinema tout court attraverso lo sguardo dei più talentuosi autori internazionali: è un gioco talvolta riuscito, spesso effimero e privo di interesse, che in Paris, je t’aime, film di pura celebrazione a Parigi e ai suoi amori, raggiunge un’autentica qualità soltanto in pochi dei diciotto cortometraggi che lo compongono. Non sappiamo se con Parc Monceau, episodio centrale e certamente tra i più godibili, Alfonso Cuarón firmi qualcosa di memorabile e degno di approfondimento: certo è che il suo corto, affidato in buona parte alla disinvoltura di Nick Nolte, cela in sé la formula di molto del suo cinema successivo, un cinema cioè di scrittura millimetrica e messinscena in continuità, che ha visto ne I figli degli uomini e in Gravity la sua applicazione più esemplare. Il piano-sequenza di circa cinque minuti su cui Parc Monceau è costruito sembra adattarsi pienamente ai tre movimenti della sceneggiatura tradizionale, secondo il paradigma di impostazione-conflitto-risoluzione, cui il cinema di Cuarón non nasconde di appartenere e restare fedele. La continuità della messinscena, qui applicata alla situazione esemplare della passeggiata in città, vede la macchina da presa affiancare da lontano i personaggi lateralmente, poi avvicinarsi fino alla mezza figura frontale nel momento di massimo conflitto, infine lasciarsi superare e rimanere loro di spalle quando è chiarito il tenero equivoco della vicenda. In questa costruzione il movimento risulta duplice: quello concreto e orizzontale dello spazio parigino, fatto di marciapiedi, lampioni, vetrine e locandine cinematografiche; e quello astratto e verticale delle età della vita, in cui le relazioni di paternità e maternità si intrecciano fra tre generazioni. Chi si interroga sul valore e l’intento del piano-sequenza di Alfonso Cuarón sembrerebbe trovare qui una possibile risposta: nessun eccesso autoriale o teoria dello sguardo, ma soltanto il gusto di restituire l’integrità di una storia, o di una sua parte, con grande effetto di spettacolo.
Parc Monceau, episodio di Paris, je t’aime [id., Francia 2006] REGIA Alfonso Cuarón.
CAST Nick Nolte, Ludivine Sagnier.
SCENEGGIATURA Alfonso Cuarón. FOTOGRAFIA Michael Seresin.
Commedia, durata 5 minuti.