SPECIALE SOFIA COPPOLA
Io: Sofia
Se navigando su Youtube si digita il nome Sofia Coppola, oltre alle molte interviste, si trova un Blob dei suoi lavori: viaggi, volti pensierosi, architetture imponenti, uomini e donne soli e annoiati, colonne sonore rarefatte, campi lunghi, primi piani, una regia pop nella sua dinamicità incontrollata, momenti di calma in un mondo frenetico e indisposto all’elevazione dell’individuo. Sofia Coppola e l’incontro con il suo cinema dei sentimenti.
La Coppola è una regista coraggiosa, perché ha saputo mantenere uno stile e un’intuizione artistica precisi, senza piegarsi e trasformarsi per le logiche di mercato: le sue donne introverse che amano uomini ancora più alienati rientrano in un percorso ben definito che ha come fine ultimo quello di mostrare i nostri folli tempi. Che siano gli anni ’70 di Il giardino delle vergini suicide o l’oggi di Lost in Traslation o ancora la Francia di Marie Antoinette, l’importante è raccontare la persona nei suoi momenti intimi, senza eccessi di macchina da presa, con mano delicata e allo stesso tempo realisticamente dura. Molti parlano di un cinema “modaiolo” perché accompagnato da soundtrack pop e da una minuziosa cura del reparto scenografico e dei costumi, invece è un cinema di stati d’animo che di pop hanno ben poco: la noia e la solitudine. Tutti i suoi “eroi” e antagonisti si muovono cercando di passare il tempo nel modo migliore possibile, chi perché costretto come le “suicide” e Maria Antonietta, chi perché non capisce bene dove sia – Bill Murray e la Johansson, e i personaggi di Somewhere – chi per diventare famoso, come in Bling Ring. Diventare famosi e la battaglia per esserlo o non, una lotta continua che è una tematica nodale nella poetica dell’autrice. Essere al centro dell’attenzione perché “figlia di”, e soffrire per questo, cercare di mostrare come ci si sente da entrambe le barricate, una chiave di lettura che supera i 15 minuti warholiani, con dei fan che sono sempre pronti al giudizio finale e ultimo (vedi i ragazzi innamorati delle vergini suicide). Sofia spiega, con le sue storie, le sfaccettature della popolarità che nel bene e nel male è il sogno di tutti, una condizione che se non provata si fatica a capire. E chiaramente parlando di notorietà bisogna servirsi degli stereotipi che la contraddistinguono: il lusso, le feste, la musica e le mode, i suoi mostri e i suoi orpelli. Tutto questo discorso potrà sembrare banale e ridondante, ma è la chiave di lettura per tutto il suo cinema, che sarà sì discontinuo e imperfetto nella collisione tra regia e scrittura, ma ha un respiro altro e alto, che ha costituito la storia del cinema contemporaneo come fecero al tempo i film di papà Francis. Racconti autobiografici, un linguaggio riconoscibile che è ormai diventato un classico, come se ci si aspettasse già cosa si andrà a vedere: auguriamoci solo che questa poetica alla lunga non ci stufi. Lieti di conoscerti, Sofia.