Uno dei vantaggi di avere una figlia di nove anni è il pieno controllo sui trend dell’audiovisivo per ragazzi. Diciamocelo: altrimenti come si potrebbe riuscire, vedendo almeno 500 film all’anno e altrettanti episodi di serie Tv, tenere dietro anche alle sitcom e ai cartoon per bimbi? Ci sono limiti di tempo insormontabili.
Così, invece, il sottoscritto si sorbisce ogni Violetta e ogni Justin Bieber che plana sull’agenda setting della consanguinea e si fa una cultura. Per dire: la corsa online ad accaparrarsi i biglietti per il musical di Violetta in tournée italiana è stata epica. E ci dice qualcosa sullo sfruttamento mediale del marchio, per il quale si sono alleati editoria (i diari, i libri, ecc.), cinema (gli eventi in karaoke nelle sale), teatri e palasport (i concerti), pay tv e tv digitale (la serie), industria musicale (CD o Spotify, non cambia) oltre che ovviamente tutti i gadget immaginabili. La concentrazione mediale sul cosiddetto mondo pre-teen (8-13, ma gli 11-12 anni hanno una categoria interna a parte: tween… chissà che cosa succederà in quei 24 mesi) è feroce. Wikipedia spiega correttamente che “Preadolescents may well be more exposed to popular culture than younger children and have interests based on internet trends, television shows and movies (no longer just cartoons), fashion, technology, and music. Preadolescents generally prefer certain brands, and are a heavily targeted market of many advertisers. Their tendency to buy brand-name items may be due to a desire to fit in, although the desire is not as strong as it is with teenagers”.
Ancora più interessante per noi che ci occupiamo di cinema sono i film originali di Disney Channel. Per esempio, il recente Teen Beach Movie contiene elementi di grande fascino: un musical pensato per i pre-teen, con tanto di vintage e metacinema (i due fidanzati surfisti finiscono per magia dentro un b-movie del genere “beach” anni Sessanta). Mia figlia, alla fine, ha esclamato: “Voglio vivere negli anni Sessanta!”, il che può anche far piacere, ma è il frutto di una produzione di desideri mediali che sfondano una porta aperta e assetata di novità. Lungi da me demonizzare questo universo, che tra l’altro è frutto di una industria dell’entertainment sicuramente più professionale e creativa di qualsiasi talent nostrano, tuttavia varrà la pena pensarci su. Il mercato è sempre più segmentato, i novenni non ne vogliono più sapere dei Puffi, i treenni vedono film che già chi scrive non potrà più guardare approfittando dei gusti filiali, e i teen-ager, finché non ci finiamo dentro, rimangono un pianeta a parte. Molto, molto suggestivo. Ora però mi fermo, perché devo registrare la nuova puntata di Zack & Cody.