Vieni con me, amore, sul Grande Raccordo Anulare
Il GRA, Grande Raccordo Anulare, circonda Roma chiudendola all’interno di un enorme ed imperfetto cerchio. “Come un anello intorno a Saturno”, la trafficata e caotica tangenziale è diventata una sorta di confine della città, a dispetto della selvaggia aggressione urbanistica per la quale la periferia si è espansa ben oltre l’orizzonte delle corsie, e nonostante il territorio del comune di Roma si estenda ancora parecchi chilometri: quello che è racchiuso all’interno del cerchio è Roma, quello che ne è al di fuori – ben che vada – è una Roma un po’ macchiata, non “doc”, se non del tutto “altro”.
Passando dai tanti palazzoni più o meno brutti delle borgate ai pochi bellissimi angoli in cui la campagna romana è rimasta quasi intatta, dalle rovine archeologiche a quelle industriali e ai grandi magazzini, già i panorami offerti nei quasi 70 km offrono un’idea delle tante contraddizioni dell’intera Città Eterna: se ne accorse, per esempio, Fellini, il quale iniziò Roma ambientando proprio nel GRA i celebri 10 minuti dell’ingorgo. Se ne è accorto Niccolò Bassetti, l’urbanista e paesaggista che ha “consegnato” nelle mani di Gianfranco Rosi l’idea di una ricerca etnologica sulla tangenziale: da qui, l’origine di Sacro GRA. In realtà “documentario” è un termine parziale per un film che travalica i confini delle definizioni canoniche, ponendosi in una sorta di confine – un po’ proprio come lo stesso GRA. I personaggi non appaiono come protagonisti e soggetto di un’inchiesta, né sono rappresentati in modo originale ma pur sempre chiaramente “vero” dei documentari più sperimentali, ma assumono un valore più generale ed emblematico, proprio come fossero prototipi e abbozzi di protagonisti di un film dichiaratamente di finzione: per facce, luoghi, dialetti e per l’approccio a metà tra la critica ironica e la benevolenza, il legame più immediato è quello con la commedia all’italiana. Proprio il situarsi al confine tra lo sguardo “reale” e lo sguardo “rielaborato” permette ai personaggi di assumere un valore simbolico più generale: i protagonisti sono tutti in qualche modo borderline, nel bene come nel male, non solo perché vivono nelle terre di nessuno dell’estrema periferia capitolina. Molti, per esempio, sono segni del tempo che cambia, reperti di un passato anagrafico o sociale o lavorativo che ora ha ragione d’essere solo nei bordi un po’ stravaganti e folkloristici del vivere più comune: dalla professione d’antan del pescatore d’anguille, alla decadenza del nobile a quella della vecchia prostituta.
Sacro GRA [Italia 2013] REGIA Gianfranco Rosi.
SOGGETTO Gianfranco Rosi, Niccolò Bassetti. FOTOGRAFIA Gianfranco Rosi MONTAGGIO Jacopo Quadri.
Documentario, durata 90 minuti.