SPECIALE 70a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
L’arte dello sguardo
Fastidio e commozione nell’ultimo film di Tsai Ming-liang, atto finale di un percorso artistico consacrato già nel 1994 con il Leone d’oro a Vive l’amour. Non si può non riconoscere che Stray Dogs non sia un film inaspettato per chi si è già imbattuto nell’opera del maestro taiwanese.
Ritroviamo il suo radicale disinteresse verso un’impostazione canonicamente “narrativa” e la propensione a trattare l’immagine come una fotografia in movimento, lentissimo, rifiutando la distinzione tra personaggio e sfondo. Ci scontriamo con la negazione completa di alcuni strumenti propri del bagaglio tecnico ed espressivo del cinema: il film è una successione di poche inquadrature, a camera sostanzialmente fissa, lunghissime (una supera i venti minuti), che vivono di vita propria e annullano la percezione che si stia assistendo a una sintesi della realtà, come se l’immagine fosse pregna di quegli stessi significati appartenenti al mondo filtrato dalla cinepresa. A questo punto si dovrebbe sollevare qualche perplessità di fronte a quello che Tsai Ming-liang non rinuncia a riproporre senza variazioni considerevoli rispetto alla sua idea di cinema, in cui a venire messo in discussione è l’approccio dello spettatore allo schermo. Ancora contestata è la presunzione dell’osservatore che l’immagine debba far vedere necessariamente qualcosa di significativo per noi, come se il regista ci invitassere a riconsiderare la vera ragione d’essere di quel frammento di mondo che squaderna davanti ai nostri occhi. Tsai Ming-liang ci interroga sullo statuto dell’immagine e sul modo in cui essa viene da noi introiettata, cosa stiamo veramente guardando e perché, se la percezione retinica apra a una comprensione più vasta. Siamo pertanto convinti di “vedere”, quando i “cani randagi”, esseri umani lasciati alle spalle dal progresso economico, ci passano davanti in quelle inquadrature nelle baracche, per strada, lungo il fiume, così estenuanti per il nostro occhio? Stray Dogs raggiunge una potenza espressiva senza precedenti nel cinema di questo autore, e questo basterebbe per ammirarne la grandezza, per quanto possa apparire “manierista” rispetto a opere del suo passato registico. Film eccessivo, in tutte le sfumature semantiche del termine: fuori misura, sublime cioè colmo di una bellezza romanticamente insopportabile. Esperienza fisica che ci altera nel profondo, che tracima e va oltre il cinema.
Stray Dogs [Jiao you, Francia/Cina 2013] REGIA Tsai Ming-liang.
CAST Lee Kang-Sheng, Lu Yi-Ching, Yi-cheng Lee, Yi-chieh Lee.
SCENEGGIATURA Tsai Ming-liang, Song Peng-fei, Tung Cheng-yu. FOTOGRAFIA Liao Pen-yung.
Drammatico, durata 138 minuti.