Se non c’è furto non c’è speranza
La proprietà non è più un furto di Elio Petri, presentato nella sezione “Venezia Classic”, è un film che oggi interessa più come testimonianza storica di un’epoca e di una mentalità che per le sue qualità intrinseche.
Eccessivamente sbilanciato verso il secondo aspetto nel rapporto tra costruzione, furore e carica ideologica, a Elio Petri questa volta riesce meno bene l’aver legato un discorso esplicitamente politico e polemico alla ricerca e all’espressionismo stilistico. Certo, l’apologo grottesco che è diventata la sua firma tipica regala pagine di assoluta incisività (come la fiera degli antifurti, per esempio), ed interessanti sono la costruzione scenica e l’utilizzo espressionista degli ambienti e delle architetture, esaltati anche da accenni all’horror/thriller nostrano in voga in quegli anni. Questo non impedisce all’opera di essere riuscita solo in parte e di essere, come si dice, invecchiata male. D’altro canto, La proprietà non è più un furto riguadagna interesse in qualità di straordinario documento storico, come testimonianza pregnante di una mentalità. Nella figura e nelle ossessioni di Total, il ragioniere protagonista allergico al denaro e che trova in un ricco macellaio il simbolo della ricchezza da combattere con ogni mezzo, e nella sua sconfitta, Petri riesce ad intercettare un momento fondamentale nella storia della sinistra extraparlamentare (e non solo). Total diventa testimone – schematizzando al massimo – della perdita delle illusioni, della fine dei sogni e del graduale crollo degli entusiasmi fermentati nel ’68. Nella variegata galassia della contestazione in quei primi anni settanta le posizioni si radicalizzano ulteriormente: il muro contro muro con le istituzioni e la strategia della tensione, così come una realtà dimostratasi meno malleabile di quanto si pensasse, rappresentano un brusco e traumatico ritorno alla realtà, che porterà alla scelta della lotta armata, fenomeno che scoppierà pochi anni dopo ma che trova fermento in questo malessere, o ad una radicale chiusura nell’io, fatta di droga e smarrimento. Sette anni dopo in Maledetti, vi amerò! di Marco Tullio Giordana un personaggio dirà al protagonista ex sessantottino Svitol (significativamente interpretato come Total da Flavio Bucci) che “ne uccide più la depressione che la repressione”. Il film di Petri e quello di Giordana, e i due personaggi interpretati da Bucci, possono essere considerati i due estremi di un percorso con cui sono stati raccontati sul grande schermo la nichilista disillusione e lo smarrimento in seno alle sinistre all’indomani delle utopie tradite e durante la “notte della repubblica”.
La proprietà non è più un furto [Italia 1973] REGIA Elio Petri.
CAST Flavio Bucci, Ugo Tognazzi, Salvo Randone.
SCENEGGIATURA Elio Petri, Ugo Pirro. FOTOGRAFIA Luigi Kuveiller. MUSICHE Ennio Morricone.
Grottesco, durata 126 minuti.