SPECIALE 70a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Illusoriamente reale
Osservare un buco nero, il nulla o il caos dell’esistenza, fissare la propria illusione dall’altro lato, quello stretto, dello stesso imbuto. Ricercare l’essenza distruttiva della propria speranza, il teorema zero, quello che proverebbe la sostanziale assenza di senso dell’universo e la vita come una variabile inconcludente del caos.
Ma il caos è imprevedibile, privo di un percorso, e proprio nel momento della propria affermazione riaccende l’illusione di un’esistenza sensata. L’attesa di una chiamata è quello che segna l’esistenza di Qohen, genio produttivo, ma estraneo al resto del mondo e lontano da ogni dinamica sociale: egli vive recluso in una vecchia abbazia nell’attesa di ciò che potrebbe ridare senso alla propria esistenza. Nella speranza di questa telefonata allo stesso tempo si allontana da quello slancio vitale che in realtà sta cercando disperatamente, e che nel passato era riuscito ad assaporare e vivere. È con l’intromissione di Management, amministratore dell’azienda di cui Qohen è dipendente e perenne osservatore, che indirettamente ci viene mostrata la tana in cui quest’ultimo si era nascosto. L’invio di una prostituta telematica e il figlio dello stesso, pagati per controllare e mantenere concentrato il dipendente sul teorema zero, divengono al contrario i primi a rompere l’alienazione di Qohen dalla propria illusione. Terry Gilliam con The Zero Theorem ritorna su un terreno che aveva già visitato in precedenza, quello della fantascienza, aprendosi inoltre a un conflitto in cui il senso della vita diviene alienante tanto quanto la ricerca della risoluzione del teorema che contrariamente ne proverebbe la totale assurdità e inconsistenza, essenza autodistruttrice in cui la vita non sarebbe altro che un difetto provocato dal caos di un universo in continua espansione. Un conflitto questo che si riverbera principalmente tra il piano di un multiverso digitale – inconsistente e illusorio – e il mondo reale, alienante e degradato. Un macrocosmo, il primo, in grado però di essere conforme alla possibilità del “più verosimile”, recinto mai rassicurante ma malleabile alla nostra comprensione delle cose. Forse non è proprio il digitale questo mondo rappresentato, ma piuttosto quello della nostra percezione, della rielaborazione del circostante determinata dai nostri inganni. Ossia: osservare un buco nero e cadere, per rinascere poi nella propria illusione più reale.
The Zero Theorem [id., USA 2013] REGIA Terry Gilliam.
CAST Christoph Waltz, Matt Damon, Tilda Swinton, Ben Whinshaw, Melanie Thierry.
SCENEGGIATURA Pat Rushin. FOTOGRAFIA Nicola Pecorini. MUSICHE Geroge Fenton.
Fantascienza, durata 107 minuti.