SPECIALE 70a MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Niente da nascondere
C’è chi lo chiama Rinascimento, chi Nouvelle Vague e chi ancora Rivoluzione. Possiamo dargli il nome che desideriamo, ma una cosa è certa: il nuovo cinema greco è uno dei più densi, metaforici e “artistici” dell’ultimo decennio. Oltretutto, più che ad una florida primavera, i film ellenici contemporanei fanno pensare ad un grido disperato di denuncia, ad uno sfogo, alla necessità di richiamare l’attenzione prima che sia troppo tardi.
Lo avevamo già compreso grazie a Dogtooth e ad Attenberg, ricevendone poi adeguata conferma con Alpis: il centro totale dell’attenzione è la perdita di identità dell’individuo, schiacciato e castrato dalla crisi e dal crollo delle istituzioni. L’impasse economica è per i giovani autori greci (Lanthimos, Tsangari e Avranas su tutti) la cartina da tornasole, la ferita lacerante attraverso cui analizzare qualunque tipo di narrazione. Miss Violence ha uno degli incipit più dolenti e spiazzanti visti a questa 70a Mostra. Il sipario si apre su un interno familiare felice, dove si festeggia il compleanno dell’undicenne Aggeliki. Foto, candeline da spegnere, e un ballo con il nonno. Qualcosa però stona, gli occhi sono tristi e i sorrisi sono bolsi, elargiti meccanicamente. La piccola Aggeliki esce dal salotto, si sporge dal terrazzo e si butta nel vuoto. Questo sarà l’unico vero atto di ribellione di questa agghiacciante storia, come spiega anche il regista: “Vivendo in una società in cui non si vuole guardare oltre le apparenze, saremo sempre oppressi, non ci sarà mai nessuno che vuole fare la rivoluzione”. E difatti nessuno avrà il coraggio di opporsi alla terrificante tirannia del capofamiglia, uomo dall’aspetto mite che cercherà di far letteralmente dimenticare l’accaduto a suo modo. Moglie, figlia 30enne e nipoti (tre) sono sottomessi allo schema gerarchico del “padre”, che controlla e pilota ogni singolo gesto altrui. La violenza fisica e psicologica si insinuerà lenta ed inesorabile, attraverso una regia claustrofobica fondata su inquadrature fisse e una cura chirurgica del “non visto”. Il tutto seguendo il filo rosso che lega esperienza particolare (tratta da una vicenda realmente accaduta) ad analisi universale di un’intera nazione in panne. Segue dibattito: quanto è pornografica la visione di Miss Violence? E quanto copia/emula/imita il raggelato cinismo di Michael Haneke? Noi ci fermiamo prima, osservando due opposti modi di utilizzare il mezzo cinematografico per affrontare la crisi in atto: in Grecia ci sbattono la faccia contro; in Italia si aggira l’ostacolo, sfornando commedie per “distrarre” il pubblico. E al sottoscritto viene in mente la calzante descrizione data nella serie tv Boris da uno degli sciroccati sceneggiatori: “Questa è l’Italia del futuro, un Paese di musichette mentre fuori c’è la morte”.
Miss Violence [id., Grecia 2013] REGIA Alexandros Avranas.
CAST Themis Panou, Reni Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi.
SCENEGGIATURA Alexandros Avranas, Kostas Peroulis. FOTOGRAFIA Olybia Mytilinaiou.
Drammatico, durata 99 minuti.