Una storia semplice
Un uomo qualunque, il caposquadra di un cantiere, che lavora molto, moltissimo. Ama il suo lavoro, e guardare la partita con i figli. Ama sua moglie. Compie un errore. Fatale. Poi, fa la cosa giusta.
Locke è un film anticinematografico. Il suo protagonista, Ivan Locke, non possiede (apparentemente) alcun tratto di eccezionalità che giustifichi un’opera a lui intitolata. La pellicola, 85 minuti in tempo reale, è tutta rinchiusa dentro un’automobile che corre su un’autostrada notturna. Il controcampo sono le luci sfocate delle altre vetture, qualche fuggevole sensazione d’esterni che scivola via ai lati del finestrino. Non c’è nessun altro, insieme a Ivan Locke: solo il telefono in vivavoce che squilla di continuo. Eppure. Gli 85 minuti di Locke corrono tesissimi, proprio come quest’auto diretta a Londra, agganciati a una sceneggiatura ferrea e calibrata, che assomiglia a un radiodramma o a una pièce teatrale, ma in realtà non potrebbe vivere se non al cinema, facendosi carne (nel corpo malleabile di un superlativo Tom Hardy), metallo, asfalto. Le voci distorte dall’elettricità dell’altoparlante sanno tracciare in poche battute non solo i relativi personaggi, ma anche interi fuoricampo ricchissimi, affollando il veicolo di fantasmi concreti. La forma del thriller si distende su questa vicenda ordinaria di un tradimento avvenuto per sbaglio in una serata triste, di una famiglia che si dissolve piano durante una serata allegra, di una cruciale colata di cemento da preparare in una notte e a distanza. Al centro c’è lui, Ivan Locke. Un eroe operaio con il superpotere di aggiustare le cose. Di restare calmo in mezzo alla tempesta. Di non fuggire, per nessuna ragione, le responsabilità. Costruisce fondamenta, lui. E se non le fai bene, le fondamenta, ti restano in mano solo rovine. È fiero del suo lavoro, fiero di farlo bene; lascia, dappertutto, impronte di cemento in polvere. E quando fa una cazzata, ne affronta le conseguenze. Piccolo gioiello di scrittura sostenuto da un’interpretazione magistrale, girato per 10 volte, ogni volta tutto di seguito, e poi (ri)costruito al montaggio, Locke è solido quanto il suo protagonista e, allo stesso modo, finisce per commuoverci. Lasciandoci il cuore gonfio di condivisione, immaginandoci vivere, semplicemente, in una delle centinaia di auto che sfrecciano accanto a quella di Ivan Locke. Orgogliosi di una storia semplice, capace di innalzare la quotidianità a dolente battaglia etica, di raccontare una vicenda fortemente morale e per nulla moralista.
Locke [id., USA/Gran Bretagna, 2013] REGIA Steven Knight.
CAST Tom Hardy, Olivia Colman, Ruth Wilson, Andrew Scott.
SCENEGGIATURA Steven Knight. FOTOGRAFIA Haris Zambarloukos. MUSICHE Dickon Hinchliffe.
Drammatico, durata 85 minuti.