Elogio della medietà
Stephen Frears ritorna in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con un film che non smentisce le aspettative e, pur nella cornice di accessibilissimo intrattenimento, si concede a svariati livelli di lettura.
A dispetto del titolo, che fa riferimento alla protagonista e alla dolorosa vicenda già trasposta nel best seller che ha ispirato il film, Philomena è la storia di un incontro tra due figure diverse per cultura, estrazione sociale, biografie e approccio alla realtà. Questo è il primo aspetto di un film che risolve con largo anticipo il mistero narrativo che lo abita – la ricerca di un figlio perduto e mai ritrovato – per sviluppare e mettere in immagini tutte le possibili sfumature dell’empatia. Empatia tra un’anziana madre che per cinquant’anni ha celato un segreto (un rimorso?) e un giornalista di mezza età che, per salvare una situazione professionale in pieno stallo, accetta di raccontare questo “caso umano”; equilibrio tra chi si affida a una visione provvidenziale e naïf della società e dell’esistenza, e chi promuove con gusto la rivalsa del più cinico ateismo; reciproca compensazione tra chi ha bisogno di riconciliarsi col passato e l’ingiustizia e chi dedicherebbe molto del proprio futuro a sferzare, in spirito di denuncia, le altrui malefatte. Questo film suggerisce con grande umanità che il compromesso tra le forze che governano la nostra vita – la rabbia e il perdono, la tristezza e l’umorismo, il movimento e la quiete – non necessariamente corrisponde a una soluzione di comodo: la vita e i suoi misteri prendono al contrario a dipanarsi soltanto quando si è in due, e l’indagine può veramente partire soltanto quando esistono due punti di vista che dialogano e viaggiano insieme. Philomena è anche un curioso film di viaggio. Per questo Philomena Lee, senza l’ostinazione e la franchezza di Martin Sixsmith, non potrebbe ritrovare il volto e il nome del figlio sottrattole in tenera età, né Martin potrebbe raccontare una storia dal volto umano senza condividere i sentimenti contrastati e profondi della sua protagonista, aprendosi alla speranza. Film registicamente lineare, sapientemente a servizio della più che brillante sceneggiatura – si ride a più riprese – Philomena si avvale di un’ottima Judi Dench, incredibilmente comica nell’ingenuità popolare del personaggio, ma conferma anche il talento di Steve Coogan, co-sceneggiatore del film, capace di propagare ironia con la sola alzata di un sopracciglio perplesso. Non si può negare la furberia della confezione finale – già pronta per le sale cinematografiche del pianeta – ma a questo concorso mancavano il calore e la commozione che il film di Stephen Frears è riuscito a donare.
Philomena [id., Gran Bretagna 2013] REGIA Stephen Frears.
CAST Judi Dench, Steve Coogan, Charlie Murphy, Anna Maxwell Martin.
SCENEGGIATURA Steve Coogan, Jeff Pope. FOTOGRAFIA Robbie Ryan. MUSICHE Alexandre Desplat.
Drammatico, durata 94 minuti.