“Sorridi all’apice del dolore”
Gli ultimi, i rifiuti della società – ubriachi, sfregiati, prostitute: un’umanità trista, desolata e desolante che fa paura e ha paura di sé.
Questa è la materia comunque viva e vibrante che David Gordon Green (Lo spaventapassere, Prince Avalanche) ama raccontare nei suoi film, questa è la fauna malata, stanca e “sporca” che il regista pone al centro delle sue struggenti opere. Joe – tratto dall’omonimo romanzo di Larry Brown -, pellicola in concorso alla 70a Mostra del Cinema di Venezia, non è diverso dagli altri film del cineasta. Joe/Nicolas Cage, barba incolta e brutto carattere, è “rimasuglio” sopravvissuto di una vita sbagliata. Gary, figlio di un alcolizzato, anch’egli è sbagliato, ma per origine e destino. Joe “uccide gli alberi” e così tenta di riscattarsi. Gary ha bisogno di una guida e lotta con tutte le sue forze per non affogare in quell’universo di nulla e di boschi. Vediamo sopravvivere i due protagonisti, all’inizio inconsapevoli l’uno dell’altro, alla deriva, uniti, sembra, nello stesso infelice destino, simili nelle loro diversità, bisognosi di un appiglio. Poi il bell’incontro: Joe, “a cui piace essere guardato negli occhi”, dà lavoro a quel ragazzino così dolce e disperato e a quel padre senza un briciolo di bontà. David Gordon Green analizza con la solita cruda delicatezza il doloroso rapporto padre-figlio: quello inesistente tra Gary e il padre biologico e quello forte e tenero tra il ragazzino e Joe. Se dalla famiglia il giovane ragazzo impara a incassare e a restare perchè così gli è stato insegnato, da Joe impara gli abbracci, le carezze; ma, soprattutto, la sua “guida” gli “ordina” di “farsi una vita, una di quelle per il quale ti vesti bene”. Se tutti quegli altri poveri cristi sono arrabbiati, malconci, fumatori incalliti, bevitori impenitenti, disperati, Joe e Gary trovano un perfetto equilibrio, aggrappandosi l’uno all’altro, difendendosi sempre, galleggiando in un vuoto di lieve bellezza (il rapporto tra i due protagonisti) e ardente brutalità (gli altri).
Il cineasta, con Joe, non dice certo nulla di nuovo, ma racconta questi “ultimi resti dell’era dei cowboy” con così tanta crudele poesia che è come se ogni sequenza ci levasse la pelle, ogni inquadratura fosse un pugno nello stomaco, ogni parola, un colpo di pistola. E come dice Joe, alla fine, redenti anche noi, non resta che sorridere “all’apice del dolore”.
Joe [id., USA 2013] REGIA David Gordon Green.
CAST Nicolas Cage, Tye Sheridan.
SCENEGGIATURA Gary Hawkins (tratta dall’omonimo romanzo di Larry Brown). FOTOGRAFIA Tim Orr. MUSICHE David Wingo, Jeff Mcllwain.
Drammatico, durata 117 minuti.