66° Festival del film Locarno, 7 – 17 agosto 2013, Locarno
L’insostenibile leggerezza di certo cinema francese
Buona parte dei migliori film europei degli ultimi anni sono francesi: si pensi a L’illusionista per l’animazione, a Il profeta per il gangster movie a sfondo sociale, senza dimenticare la straordinaria poesia di La guerra è dichiarata di Valèrie Donzelli.
Come rovescio della medaglia, però, esiste anche un certo tipo di cinema francese caratterizzato da una professionale ed elegante pochezza di orizzonti e di interessi, di una vacuità che sfiora l’inutilità: citando malignamente una celebre definizione, se un certo tipo di nostro cinema guarda all’ombelico, un certo tipo di cinema francese arriva al massimo al costato. Questo tipo di cinema d’oltralpe racconta storie minimali di sentimenti e d’amore, d’ambientazione perlopiù piccolo-borghese e radical-chic. Lo fa cercando di eliminare gli orpelli stilistici più evidenti, appiccicando le sceneggiature alla semplicità delle storie raccontate e utilizzando un’ironia lieve o un tono che si propone di essere fiabesco ed etereo. Seguendo la lezione soprattutto di Truffaut, cerca di spremere l’assoluto dei sentimenti dal minimalismo del privato e del quotidiano: questa è però un’operazione difficile e riuscita a pochi, soprattutto se − spocchiosamente − non si gioca con le regole dei generi o se non si mostra una personalità stilistica forte. Il Festival del film Locarno ha fornito nei primi giorni di programmazione tre esempi di questo tipo di cinema: Le sense de l’humour di Marilyne Canto, Gare du nord di Claire Simon e Une autre vie di Emmanuel Mouret, il primo presentato nella sezione “Cineasti del presente” e gli altri due selezionati per il Concorso Internazionale. Il film della Canto racconta di un interminabile tira e molla sentimentale tra un libraio e una giovane vedova con figlio: il retrogusto ironico che fa capolino di tanto in tanto non ha il fiato abbastanza lungo per salvare il film, che naufraga così in un susseguirsi di recriminazioni e di riavvicinamenti, con cui vengono ignorati temi importanti come la difficoltà di amare e di affrontare la maternità dopo un lutto. Gare du nord di Claire Simon invece parte da un presupposto diverso: la Simon ambienta l’incontro tra due anime solitarie nell’affollata stazione di Parigi, dando così testimonianza dei vari substrati sociali e culturali presenti in quel microcosmo. Peccato che anche qui, dopo un buon inizio, tutto rimanga sulla superficie di vicissitudini sentimentali per nulla rielaborate, appesantite da inserti metafisici non motivati. Une autre vie è invece un melodramma che racconta di un uomo conteso dall’amante e dalla compagna. Con scelte narrative banali e risapute e una scrittura assolutamente anonima, il film non trasmette passione, non emoziona e non rischia neanche di giocare all’eccesso tipico di molti melodrammi. Probabilmente, questo tipo di cinema francese vuole essere senza pretese, come fosse un bicchiere d’acqua fresca sufficiente a togliere la sete. Peccato che l’acqua in questi casi sia tiepida, quindi non rinfrescante ma indigesta.
Le sense de l’humour [id., Francia 2013] REGIA Marilyne Canto.
CAST Marilyne Canto, Antoine Chappey, Samson Dajczman.
Commedia, durata 88 minuti.
Gare du nord [id., Francia/Canada 2013] REGIA Claire Simon.
CAST Nicole Garcia, Reda Kateb, Monia Chokri.
Drammatico, durata 119 minuti.
Une autre vie [id., Francia 2013] REGIA Emmanuel Mouret.
CAST Jasmine Trinca, Virginie Ledoyen, Joey Starr.
Melodramma, durata 95 minuti.