SPECIALE MARTIN SCORSESE, II PARTE
Cattive maniere
Il cinema di Martin Scorsese è stratificato e il suo sguardo, mai comune e piatto, ha aderito con forza al cinema di genere e al documentario; nonostante una carriera così florida, gli insuccessi ci sono stati: è il caso di Re per una notte, ma la spiegazione di questo flop si fatica a capire.
Re per una notte rappresenta l’ennesima occasione per Scorsese per dimostrare che la sua carriera è fondata su un impulso che di film in film aumenta la sua essenza: i personaggi principali delle sue pellicole sono ossessionati da qualcosa o da qualcuno, come del resto Scorsese stesso è in qualche modo ossessionato dal Cinema. Scorsese ammette, con i documentari che raccontano la storia del cinema italiano e del cinema americano (Viaggio in Italia e Viaggio nel cinema americano, e i numerosi restauri che ha finanziato), che la sua è un’ossessione lucida e positiva, a differenza di quella dei suoi personaggi. Taxi Driver, Toro scatenato, Quei bravi ragazzi, Casinò e The Aviator (per citarne alcuni), hanno protagonisti ossessionati chi dai soldi e dalla fama e chi dalla vendetta, e anche in Re per una notte Rupert sogna il successo come comico televisivo e perseguita per questo il suo idolo Jerry Langford. Una critica al mondo dei mass media pronti ad elevarti a nuova star, ma anche quindi la riproposizione di un archetipo di personaggio lottatore e tenace. Il personaggio di De Niro è come Hugo Cabret che, nella sua folle e disperata ricerca dei pezzi mancanti dell’automa incompiuto, si ficca in situazioni pericolose; è come Sam di Casìnò pronto a tutto per fare soldi e vivere a pieno la vita, con un’unica differenza: pecca in lucidità anche se riuscirà ad ottenere il proprio premio. Gli “scorsesiani” agiscono sotto gli impeti della violenza il più delle volte fisica, ne sono succubi e allo stesso tempo la possono manovrare con sicurezza: Rupert solo grazie ad essa raggiungerà il suo sogno secondo un calcolo mentale ben diretto, facendo pensare che la follia porti a dei risultati. Sono tanti i pregi di questa pellicola forse un po’ datata ma diventata un cult, uno su tutti l’aver fatto scoprire agli americani – noi europei lo sapevamo già – il talento di Jerry Lewis, troppo spesso bollato come attore esclusivamente comico. Una favola grottesca che è sintomo della nebbia che copriva le menti umane di speranza e il delirio di onnipotenza che il cinema americano anni ’80 ha saputo raccontarci, un Wall Street in anticipo che non gioca con i soldi ma con l’industria dei sogni della tv sostituto dell’invecchiato cinema. Un flop che allora sì può essere spiegato: la contemporaneità fatica a farsi piacere al cinema, appaga solo se sembra lontana anni luce dal nostro vissuto, ma se è troppo reale fa paura.
Re per una notte [The King of Comedy, USA 1983] REGIA Martin Scorsese.
CAST Robert De Niro, Jerry Lewis, Diahnne Abbott, Sandra Bernhard.
SCENEGGIATURA Paul D. Zimmerman. FOTOGRAFIA Fred Schuler. MONTAGGIO Thelma Schoonmaker.
Commedia/Drammatico, durata 109 minuti.