SPECIALE MARTIN SCORSESE
Anatomia del cinema
Per chi abbia l’ambizione di trascendere le speculazioni della critica e sondare dall’interno quell’opera di puro ingegno che è un film di Scorsese, L’età dell’innocenza rappresenta forse uno dei titoli ideali da cui partire. Guardare questo film vagamente trascurato – in pochi tendono a citarlo quando si parla del regista – significa riagganciarsi alla cultura materiale di quel cinema in cui con perfetta armonia affluiscono visione e pianificazione, scenografia totale e movimento di macchina, artigianato e processo industriale.
Fedele all’omonimo romanzo di Edith Wharton e insieme libero dai fardelli di molti adattamenti in costume, la storia di Newland Archer e dell’amore proibito per la contessa Olenska descrive, come tutto il cinema di Scorsese, il tentativo che un singolo compie di ribellarsi, invano, al proprio mondo di riferimento, a quella comunità umana che lo ha accolto e nutrito, ma in pochi istanti è pronta a rinnegarlo come un irriguardoso corpo estraneo. Il tema è archetipico, e certo rispecchia l’eterna lotta tra Scorsese e la stessa Hollywood. In questo film che pone il problema della passione e della sua fatale necessità, il regista rivela, sequenza dopo sequenza, un controllo e una coerenza pressoché assoluti, una capacità ad oggi forse insuperata di legare la propria visione alle scansioni drammaturgiche del plot, dove le cadute di stile – quei mascherini colorati… – sono evidenti proprio perché inseriti in una cornice impressionante. Se il cinema è raccontare una storia per immagini, Scorsese è davvero un maestro, e questo lavoro un meraviglioso catalogo registico, perfettamente equilibrato. Osservare la simmetria compositiva di ogni inquadratura: nulla è lasciato al caso o raccontato alla stessa maniera in questo affresco viscontianamente descritto attraverso i dettagli e i sensi, dove ci si spia nei salotti e nei teatri, si mangia continuamente, e il contatto minimo di una mano guantata è l’apice della tensione sessuale. Una voce fuori campo femminile – la stessa Wharton – ci porta dentro i sentimenti di un uomo moderno: inevitabile e magistrale il gioco di false soggettive, spesso associate al piano sequenza, con cui Scorsese sottolinea il rapporto di appartenenza e distanza del protagonista rispetto a una società chiusa e autoriferita. Contano anche i colori, la luce, la stordente stratificazione scenografica dei campi. E ancora l’uso del ralenti, delle dissolvenze con trasformazione a vista, i titoli di testa di Saul e Elaine Bass. Quel finale a dimostrare come le passioni vivano dell’istante in cui esplodono, e poi non più.
L’età dell’innocenza [The Age of Innocence, USA 1993] REGIA Martin Scorsese.
CAST Daniel Day-Lewis, Winona Ryder, Michelle Pfeiffer.
SENEGGIATURA Jay Cocks, Martin Scorsese (all’omonimo romanzo di Edith Wharton). FOTOGRAFIA Michael Ballhaus. MUSICHE Elmer Bernstei, Charles Gounod, Johann Strauss.
Drammatico/Sentimentale, durata 139 minuti.