Periferie globali
Daniele Coluccini e Michele Botrugno, ospiti nella seconda giornata del XXXII Premio Sergio Amidei con Et in terra pax, sono una coppia di giovani autori promettenti del panorama cinematografico indipendente, penalizzati come di consueto per tutto ciò che di stimolante fuoriesce dal mucchio, dai pesanti blocchi della distribuzione italiana.
Uniti in un sodalizio cominciato in fasce all’età di 5 anni, hanno sempre espresso con grande versatilità, spaziando dal cortometraggio al videoclip, lavori ispirati a una ricerca formale, stilistica e linguistica, che fortunatamente ha trovato sbocco nei circuiti festivalieri di mezzo mondo, destando l’attenzione di Germania, Russia, Turchia, fino a raggiungere Argentina e Giappone. Purtroppo, spesso accade che esportare all’estero realtà riguardanti il proprio Paese sotto forma di “cattiva pubblicità”, divenga dalle nostre parti oggetto di omertose battaglie campanilistiche e diffamazioni sul mezzo stampa – vedasi quanto accaduto per Gomorra – causando l’arenarsi di una carriera appena avviata e il rimando dei progetti successivi. Titolare “Roma violenta” o “Droga Corviale” (riferito al quartiere di ambientazione), su diverse testate nazionali, oltre a spostare il centro del mirino dal messaggio che i due autori intendevano divulgare, ha contribuito a far sì che Et in terra pax (uscito nel 2010), restasse il primo e ultimo dei loro lungometraggi. La storia fotografa drammaticamente l’imborghesimento dei borgatari, eredi di quella Mamma Roma pasoliniana ormai scomparsa per sempre. Nelle periferie contaminate dalla modernità non si pensa più alla fame, ma si rincorre una ricchezza materiale da ostentare attraverso abiti griffati e aggeggi ipertecnologici. Garrone la immortalava a Napoli, Ciprì con È stato il figlio a Palermo, utilizzando lo slittamento temporale come allusione ai giorni nostri. Qui effettivamente respiriamo l’aria peggiore della capitale, ma limitarsi per tutte queste pellicole a un discorso geolocalizzato e ad una riflessione sui pericoli della microcriminalità territoriale, è quanto di più fuorviante e sminuente possa esserci. Nell’incontro tenutosi ieri, Coluccini e Botrugno hanno ribadito l’intenzione di volere uscire da uno specifico contesto usato da esempio, per riferirsi alle periferie mondiali figlie della cultura televisiva e nuclei maggiormente rappresentativi di una trasformazione sociale globale, che la presenza di monumenti nei centri cittadini vorrebbe nascondere o diversificare. “In ogni paese in cui è stato presentato il film, il pubblico ha riconosciuto la propria metropoli”. Città stampate su cartolina con calamite turistiche diverse, sono unite nei confini dallo stesso destino. Un destino condizionato non dal reale bisogno di soldi, bensì “dalla tendenza a volere raggiungere ad ogni costo uno status di benessere esteriore, che possa farti apparire glamour ed etichettarti come non sei”. Coluccini e Botrugno infine, oltre a raccontare il sorprendente interesse manifestato per l’argomento dai ragazzi nelle scuole, hanno esposto i dati di quella grande famiglia in cui in modo esclusivo certa critica giornalistica preferirebbe lavare i panni. Nella sola settimana di programmazione romana, la percentuale di spettatori registrata ha superato la programmazione di Una notte da leoni 2, a dimostrazione che, malgrado ci si ostini ancora a sostenere il contrario, in Italia l’interesse per la commedia è scemato; o comunque ciò è un’ulteriore riprova che il successo totalitario del genere raccolto nell’ultimo decennio, derivasse principalmente dalla mancanza di alternative.