SPECIALE HORROR ITALIANO
La maschera del Boom
Si dice che in Italia il gotico, l’horror e in generale il fantastico non abbiano mai preso piede nella letteratura e nel cinema, perché estranei alla più profonda essenza non solo della nostra cultura, ma anche della nostra mentalità, permeate sul secolare binomio melodramma/commedia dell’arte (commedia all’italiana). Se questo assunto è probabilmente vero a livello “quantitativo”, vale molto meno a livello “qualitativo”.
Mario Bava, insieme a Riccardo Freda (I vampiri, 1955, e L’orribile segreto del Dr. Hichcock, 1962), è stato l’iniziatore della nostra tradizione del cinema di paura, ed è stato certamente – anche senza volere cadere negli eccessi di entusiasmo un po’ fine a se stesso di parte della critica e della divulgazione troppo campanilista (a sua volta nata come reazione al disinteresse di buona parte della critica coeva) – un esponente primario della storia del cinema horror, capace di regalare almeno 4/5 opere irrinunciabili per lo sviluppo del genere. Tra queste non può non essere incluso il suo esordio dietro la macchina da presa, risalente agli albori del decennio felice e inquieto degli anni Sessanta: La maschera del demonio, ispirato a Vij, racconto di Gogol. Felice e inquieto non sono due aggettivi casuali: infatti è ancora tutto da approfondire il fatto che il nostro cinema di spavento sia nato e si sia sviluppato parallelamente agli anni del miracolo economico, dei suoi miraggi e delle sue illusioni, e sia stato espressione dei disagi nascosti e delle contraddizioni, esplose a fine decennio e scatenatesi nei 70s, quando nei nostri horror esploderanno anche gli elementi più splatter e sanguinari. La maschera del demonio è puro gotico, a partire dagli elementi immediatamente d’ambiente (come la nebbia perenne e le rovine medievali) e arrivando alla narrazione e alle tematiche. È un film quasi puramente d’atmosfera, il cui fascino nasce soprattutto dalla grande perizia delle scelte fotografiche (il direttore della fotografia è lo stesso Bava, il quale si è fatto le ossa proprio in quel ruolo), che da sole diventano veicolo di inquietudine, di spavento, e dall’insistenza su particolari sgradevoli (per esempio: il primo piano del marchio sulla schiena e del viso decomposto), che fino a quel momento nella storia del genere si era preferito perlopiù elidere. Questi sono due elementi fondamentali sia per lo sviluppo dell’horror italiano, che ha creato paura con le atmosfere e le luci piuttosto che con l’intreccio, sia per l’evoluzione del genere tout court.
La maschera del demonio [Italia 1960] REGIA Mario Bava.
CAST Barbara Steele, John Richardson, Ivo Garrani, Andrea Checchi.
SCENEGGIATURA Ennio De Concini, Mario Serandrei (tratta dal racconto Vij di Nikolaj Vasilevič Gogol). FOTOGRAFIA Mario Bava. MUSICHE Lex Baster, Roberto Nicolosi.
Horror, durata 87 minuti.