17 LUGLIO, COMPLEANNO DI DONALD SUTHERLAND
Settecento fantascientifico
Sono quasi trascorsi quarant’anni dall’uscita del Casanova di Fellini, film monstre, artificio totale, adattamento fedele e insieme personale delle memorie del veneziano di metà Settecento che molto cinema ha omaggiato per la loro immagine dominante, quella del seduttore avventuroso.
Fellini, lo scrisse più volte, detestò quelle pagine sovraccariche di aneddoti, disgustosamente meticolose, tanto da fondare su un rifiuto pressoché immediato l’angolazione da cui guardare a questo film “su commissione”. La nausea verso il suo nuovo personaggio, ora possiamo dirlo, era legata alla consapevolezza che il cinema, anche quando è ambientato nel passato, viene sempre coniugato al presente, e ancor più serenamente dovremmo ammettere che, carico di disgusto, Fellini ebbe l’ardire di fare del Casanova una prefigurazione, oggi pienamente compiuta, dell’italiano del futuro. Uomo svuotato di emozioni e umanità, privo di personali declinazioni del pensiero e punti di vista per cui lottare, “zombi” e “marionetta” esibizionista, il Casanova felliniano preannunciava il nostro inaridimento e la progressiva fascinazione per le pure forme e i puri volumi, non soltanto femminili, prospettive spiate o sguaiatamente ammirate come dietro al vetro di un acquario, lontano anni luce dal dolore dell’esperienza. Quella di Donald Sutherland è una maschera inquietante e museale, un personaggio ancorato all’utero materno e incapace di uscirne, se non con slanci frenetici e fini a se stessi, estranei alla reale passione che il suo ruolo agognerebbe, suggestioni abbaglianti ed effimere, televisive, annichilenti l’immaginario. Il Casanova, come il fratello maggiore Barry Lyndon e anzi compiendo una parabola letteralmente opposta, rivela la sua lucida coerenza fantascientifica proprio allo spettatore del presente, dopo molti anni di contestazioni filologiche e autoreferenziali da parte di un pubblico che in testa aveva soltanto il proprio film. Saggio sulla non vita, l’opera di Fellini è un’ostica bugia d’autore, consacrazione definitiva di quel tempio che fu il Teatro 5 di Cinecittà, una caverna, un utero stesso, il Cinema che più non sarà, e ancora Nino Rota, Danilo Donati, la consulenza umana di Andrea Zanzotto: una rapsodia senza catarsi e senza evoluzioni, una favola agghiacciante. Da questa irripetibile costruzione astratta emerge fantasmatico lo sguardo di Casanova sul finire dei propri giorni, quando invecchiato, con occhi vitrei e arrossati, osserva la visione di se stesso danzare con una bambola meccanica sul Canal Grande ghiacciato. Il Pinocchio-Casanova non è mai diventato uomo.
Il Casanova di Federico Fellini [Italia 1976] REGIA Federico Fellini.
CAST Donald Sutherland, Tina Aumont, Daniel Emilfork, Olimpia Carlisi, Margareth Clementi.
SCENEGGIATURA Federico Fellini, Bernardino Zapponi. FOTOGRAFIA Giuseppe Rotunno. MUSICHE Nino Rota.
Biografico/Drammatico, durata 165 minuti.