SPECIALE GUILLERMO DEL TORO
Hai paura del buio?
L’uomo nero è una creatura multiforme. Quando siamo piccoli pensiamo stia acquattato nel buio sotto il letto, dietro le ante dell’armadio, negli angoli ciechi dei corridoi. A un certo punto, scopriamo la verità: l’uomo nero sta alla luce del sole ed è più mostruoso dei nostri incubi bambini.
Ofelia è una ragazzina coraggiosa. Senza padre, con l’adorata madre incinta sposata a un tremendo gerarca franchista, quando scopre di essere la principessa di un mondo incantato e di dover affrontare tre terribili prove, non si tira indietro. Non ha paura di Pan, il fauno che le indica la via all’interno del labirinto, né delle fate libellule che la visitano di notte, e nemmeno delle blatte che le strisciano addosso mentre si infila dentro un fangoso albero antico. Apre porte tra gli universi tracciandole sul muro con il gesso e scampa a un demone degli inferi dopo averlo scioccamente risvegliato. Salva il fratellino, “l’uomo che verrà”, da un futuro nero pece, compiendo un ultimo estremo sacrificio. Proseguimento ideale di La spina del diavolo, Il labirinto del fauno è il secondo atto di una “trilogia spagnola” per il momento ancora incompiuta. Ed è una storia (una fiaba) di confine: tra il sonno e la veglia, il sogno e l’incubo, l’infanzia e l’età adulta, tra la possibilità di un futuro più giusto e la perdita di ogni speranza. Del Toro evoca potentemente questo territorio liminare, mettendo in scena un’età di passaggio in cui le fate sono vere, si crede nel racconto (le imprese di Ofelia pullulano di riferimenti letterari, popolari e mitologici, dal paese delle meraviglie di Alice all’Ade di Persefone), la magia funziona, gli adulti sono crudeli aguzzini, oppure troppo cresciuti per vedere la verità. E lo fa appoggiandosi a immagini straordinariamente iconiche, terrorizzanti/disgustose/meravigliose indipendentemente dall’età dello spettatore, recuperando una materialità estetica che rende il vedere una sensazione tattile (e infatti la sequenza che rimane più impressa è quella del demone con gli occhi sui palmi delle mani), cullandosi in una nenia insieme nostalgica e senza tempo. Il fatto è che qui gli adulti sono davvero crudeli: quanto meno, lo è Vidal, villain immensamente spaventoso, vera incarnazione del male più che ogni mostro d’infanzia. È così che Il labirinto del fauno sintetizza fiaba nera, coscienza storica e ideale antifascista. Nella piccola coraggiosa Ofelia (ma anche nella figura nervosa e forte di Mercedes, interpretata da Maribel Verdù), che si alza e dice no a tutti gli uomini neri, quelli più subdoli e pericolosi, della vita adulta.
Il labirinto del fauno [El laberinto del fauno, Spagna/Messico/USA 2006] REGIA Guillermo del Toro.
CAST Ivana Baquero, Maribel Verdù, Sergi Lòpez, Doug Jones, Ariadna Gil.
SCENEGGIATURA Guillermo del Toro. FOTOGRAFIA Guillermo Navarro. MUSICHE Javier Navarrete.
Horror, durata 118 minuti.