13 LUGLIO, COMPLEANNO DI HARRISON FORD
Welcome to the Dark Side
Gli scontri generazionali possono essere aspri e combattuti, soprattutto se ci riferiamo a quei giovani che all’inizio degli anni ’70 erano coinvolti in Vietnam o intenti a protestare contro la generazione dei fratelli maggiori. A loro si rivolge George Lucas con questo film che, pur rimanendo coerente al suo stile di buio e luci colorate, punta sulla potenza emotiva ed evocativa della musica per portare vicino a sé il pubblico rappresentato sullo schermo e quello combattente a cui ci si rivolge.
Sono infatti vere e proprie icone pop quelle inserite nel film, così, quindici anni prima di Stand By Me, American Graffiti racconta il lato oscuro dell’adolescenza. Qui si parla dei tempi di Elvis: ai tempi di Richie Cunningham, personaggio che solo un anno dopo avrebbe infestato gli schermi televisivi con Happy Days. Il legame tra i due titoli non è casuale, al contrario Lucas si inserisce perfettamente nella costellazione di cult cinematografici e si pone in piena continuità con essa. E facendo della musica di Elvis il proprio baluardo, con le sue sonorità all’epoca considerate pressoché diaboliche, American Graffiti si stanzia fin dal suo inizio nel dark side della società dorata di Happy Days e del sogno americano del dopoguerra. Notte e macchine, cielo buio e luci al neon dai colori fluorescenti costituiscono il leitmotiv in cui si incastonano il rock ‘n’ roll emergente e quella disillusione che connoterà la gioventù americana (e non solo) fino alla fine degli anni ’60 e che troverà il suo riscatto parodico solo nel decennio successivo con Ritorno al futuro. Anche la classificazione del film come commedia piuttosto che come dramma risulta più difficile di quanto si creda, poiché sebbene l’atmosfera incerta della gioventù che va incontro al suo futuro renda tutti i contorni più sfumati, l’amaro retrogusto che si lascia dietro è quello dei momenti cruciali, dei punti di non ritorno. Il futuro è aperto davanti ai ragazzi, pronto a deluderli e soddisfarli in un colpo solo. Con un’aura quasi profetica, American Graffiti scalfisce la patina dorata delle riviste e apre la strada ai grandi nomi esterni all’Actor Studio che di lì a poco avrebbero popolato gli schermi, Ron Howard e Harrison Ford primi fra tutti. E proprio in questo sta la grandezza del film, capace di anticipare temi e iconografie che sarebbero poi esplose poco tempo dopo: a posteriori la Storia diventa insomma protagonista prima ancora dei personaggi veri e propri.
American Graffiti [Id., USA 1973] REGIA George Lucas.
CAST Harrison Ford, Richard Dreyfuss, Ron Howard, Paul LeMat, Charles Martin Smith, Cindy Williams.
SCENEGGIATURA George Lucas, Gloria Katz, William Huyck. FOTOGRAFIA Jan D’Alouen, Ron Eveslage. MUSICHE Kim Fowley.
Commedia, durata 110 minuti.