SPECIALE NUOVI ZOMBI, II PARTE
Documentare la finzione
L’interesse maggiore nel vedere gli ultimi film di Romero sta nella lettura metaforica che le sue narrazioni mettono sempre al centro. Avvolto sempre di più da un manto di nichilismo nei confronti dell’uomo, il regista statunitense mostra una fiducia nei confronti di questo che mai come negli ultimi tre episodi dedicati agli zombie è risultata così bassa.
Ne La terra dei morti viventi le parti di vittime si ribaltano completamente – e non nella contrapposizione tra cacciatori e prede – con i non morti: unici ancora in grado di rimanere affascinati, come davanti ai fuochi d’artificio, sono creature che riscoprono un senso nel riutilizzare gli strumenti dell’uomo reinserendosi in un gioco delle parti da sempre loro escluso. Il loro essere lontani da ogni costrutto sociale-economico li allontana da una diatriba autodistruttiva che coinvolge gli abitanti della cittadella presente nel primo capitolo della nuova trilogia. Una disillusione nei confronti di qualsivoglia posizione ideologica per mettere al centro invece il vero tema paradigmatico di tutta l’opera romeriana: la brutalità insita nell’essere umano ma soprattutto di quella parte d’America interna e rurale, diffidente e violenta nei confronti del diverso. Ed è proprio da questo che il finale Diary of the Dead si ricollega con La notte dei morti viventi, una domanda ancora più impellente e meno mediata tra la differente natura tra uomo e zombie. Perso ogni scontro ideologico, l’uomo in questo terzo episodio si confronta con il documentare la realtà, uno sguardo complice e partecipe di chi riprende la violenza dilagante di un mondo in preda a un’apocalisse zombie, percepito come necessario dai giovani protagonisti, come unico mezzo possibile per uscire fuori da una maglia di controllo dell’informazione. Raccontare un sistema al collasso diventa elemento di denuncia di poteri sempre più vacanti, che chiaramente rimandano a condizioni geopolitiche reali, e del degrado di chi dovrebbe rappresentare l’autorità, attraverso il viaggio del gruppo di studenti nel tornare a casa, incapaci però di scindere poi il limite del rappresentato e del rappresentabile. Un gioco fin troppo programmatico quello di Diary of the Dead, dove non solo ad essere messa al centro è la figura dell’operatore nel suo cogliere gli avvenimenti, ma anche il ruolo di chi osserva, fin troppo spesso complice e reo di una passività nei confronti degli avvenimenti tanto quanto di chi li vive attraverso lo schermo di una videocamera.
Diary of the Dead – Le Cronache dei Morti Viventi [Diary of the Dead, USA 2007] REGIA George A. Romero.
CAST Michelle Morgan, Joshua Close, Shawn Roberts, Amy Ciupak Lalonde.
SCENEGGIATURA Geroge A. Romero. FOTOGRAFIA Adam Swica. MUSICHE Norman Orenstein.
Horror, durata 95 minuti.