La seduzione delle apparenze
Park Chan-wook, qui in trasferta negli Stati Uniti, ha rivelato che è stata proprio la visione de La donna che visse due volte a convincerlo a diventare regista. Non sorprende affatto, dunque, trovare in Stoker, oltre ai temi del doppio e dell’amore necrofilo che derivano proprio da Vertigo, una quantità innumerevole di altre citazioni hitchcockiane: la doccia, il motel, gli uccelli impagliati, il poliziotto di Psyco.
E ancora, la tazzina e la cantina di Notorious, la cabina telefonica de Gli uccelli. Nel caso di Stoker, inoltre, occorre anche considerare la necessità per i registi stranieri a Hollywood – si pensi al Sorrentino di This must be the place – di rispettare, almeno in parte, le convenzioni e le caratteristiche del cinema statunitense, che il britannico Hitchcock ha contribuito a stabilire, con i suoi capolavori immortali. Nell’omaggiare il cinema classico e la grammatica hitchcockiana, aggiungendogli l’estetica della violenza e la libertà narrativa tutte contemporanee, ma senza ambizioni politico-ideologiche, Stoker è un film decisamente postmoderno. Prodotto da Ridley e Tony Scott, rispetto ai film precedenti di Park Chan-wook è più facilmente etichettabile come film di genere (thriller), pur non essendo carente di stilemi autoriali e soluzioni originali, personali. La fotografia del fedele Chung Chung-hoon, che alterna il bianco ai colori brillanti, deforma i volti, ricrea i contrasti di luci e ombre, le inquadrature oblique e geometriche del gotico, del noir, del film langhiano. Ma Park Chan-wook, allo stesso modo che in Mr. Vendetta, mescola anche diversi piani temporali, confondendo lo spettatore con la rottura della linearità del racconto. In Stoker, per di più, la protagonista India condivide con l’inquietante zio Charlie (ricalcato sull’omonimo pluriomicida de L’ombra del dubbio) la capacità di vedere e sentire cose che gli altri non possono, perciò ai flashback si accompagnano anche immagini ambigue, di non immediata classificazione, che sembrano visioni della ragazza – la scena in cui India suona il piano con Charlie è indicativa di questo, e perfino soggettive sonore di India. Come in Lady Vendetta, la protagonista femminile è una sorta di angelo della morte, assetato di sangue e ciò la rende un personaggio forte, affascinante, anticonformista, al pari delle eroine di Tarantino. E, come succede spesso nei film di Park Chan-wook, la svolta per il personaggio centrale (spesso appartenente a quella borghesia con cui il regista sembra simpatizzare, ad esempio nel corto Cut) coincide con il passaggio all’azione violenta, con la trasformazione da vittima in carnefice, secondo quella logica nichilista e amorale alla base di molti film contemporanei.
Stoker [Id., USA/Gran Bretagna 2013] REGIA Park Chan-wook.
CAST Mia Wasikowska, Matthew Goode, Nicole Kidman.
SCENEGGIATURA Wentworth Miller, Erin Cressida Wilson. FOTOGRAFIA Chung Chung-hoon. MUSICHE Clint Mansell.
Thriller, durata 99 minuti.