SPECIALE NUOVI SUPEREROI
Genesi dell’eroe contemporaneo
Il pianeta Krypton sta per esplodere, consumato fino alle radici dal suo popolo. Zod, potente generale patriottico, cerca di operare un colpo di stato ma viene esiliato assieme ai suoi accoliti dopo aver ucciso Jor-El ed aver attentato alla vita del figlio Kal-El, primo neonato a nascere in modo naturale da molto tempo e nelle cui cellule Jor-El ha impiantato tutta l’eredità del pianeta morente, prima di spedirlo sulla Terra dentro una capsula. Dopo trentatré anni, la prigionia di Zod viene interrotta permettendogli di andare alla caccia di quel neonato che ora vive nella tranquilla Smallville e si fa chiamare Clark Kent.
Dopo la delusione di Superman Returns (2006) il testimone dell’eroe più grande della DC Comics passa da Bryan Singer a Zac Snyder (300, Watchmen, Sucker Punch) ritrovando lo slancio e l’introspezione che servivano al personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Schuster. Come in molti altri casi di blockbuster “impegnato” o comunque non scanzonato, ci troviamo di fronte ad un ritorno alle radici del mito, là dove non è più il solo spettacolo a farla da padrone ma, in buona sostanza, è l’interiorità del protagonista che guida lo spettatore attraverso gli ostacoli che dovrà superare per riabilitarsi agli occhi della comunità e fare pace con un passato drammatico. In questo senso la lotta psicologica di Superman/Clark Kent – che diventa fisica in quanto prolungamento di un rimosso – ne L’uomo d’acciaio assomiglia più alla risalita dantesca operata da Batman/Bruce Wayne in The Dark Knight Rises (non a caso il soggetto è dello stesso Nolan in collaborazione con David S. Goyer). In entrambi il passato ritorna sotto forma di flashback che dilatano la temporalità, sostenendo una visione caotica del mondo, anche se Snyder opera un passo in più, a mio avviso fondamentale per la riuscita del film: l’utilizzo quasi invasivo della camera a mano e, quindi, di una regia instabile che si traduce nell’instabilità dello sguardo. Il Superman contemporaneo, prima di essere una bandiera o un nuovo Messia, è prima di tutto un uomo che non ha piena consapevolezza del suo immenso potere, costantemente abbattuto dagli eventi e inquadrato con programmata incertezza, la stessa che gli impedisce di imporsi fin da subito come una semi-divinità. Nelle scene di vera azione la sensazione è quasi di assistere a una concatenazione fra videogioco e fumetto, efficacissima soprattutto nel descrivere l’enorme divario di velocità, più che di potenza, fra alieni e terrestri. Siamo di fronte all’inizio di un ciclo (trilogia?): non aspettatevi finali a sorpresa, mettetevi comodi e godetevi due ore e venti di ottimo blockbuster d’autore.
L’uomo d’acciaio [Man of Steel, USA/Canada/Gran Bretagna 2013] REGIA Zack Snyder.
CAST Henry Cavill, Amy Adams, Russell Crowe, Kevin Costner, Diane Lane, Michael Shannon, Laurence Fishburne.
SCENEGGIATURA Christopher Nolan, David S. Goyer. FOTOGRAFIA Amir Mokri. MUSICHE Hans Zimmer.
Azione/Fantascienza, durata 143 minuti.