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Hello WALL•E
New York, anno 2805. La grande mela è ricoperta da un mare di rifiuti, le cui torri raggiungono l’altezza dei ruderi dei vecchi grattacieli. L’umanità è fuggita 700 anni prima nello spazio profondo a bordo dell’enorme città/astronave Axiom e gli unici segni di vita ora rimasti sono uno scarafaggio e un piccolo e tozzo robot dagli occhioni che parlano, WALL•E.
Dipendente dall’energia solare, elemento significativamente non gestibile e corruttibile dall’uomo che gli ha permesso di sopravvivere così a lungo, grazie al raccogliere e collezionare reperti del passato umano, il robottino scopre, immagina, sogna e in qualche modo rimpiange la vita sulla terra, a partire dalla percezione di sentimenti come l’amore. A dare speranza al malinconico personaggio, un filo d’erba e l’arrivo, direttamente da Axiom, di una tosta e irascibile robottina, EVE. In WALL•E il colpo di fulmine è immediato, e inevitabile è la scelta di seguirla nello spazio: arrivati sulla gigantesca Axiom, i due, con l’aiuto di un gruppo di robot considerati “pazzi” e stravaganti, evitano un complotto e convincono il capitano e gli umani, grassi pigri e completamente in balia delle tecnologie, a fare ritorno sulla terra e a riscoprire il senso e i valori della vita. Con WALL•E la Pixar, già abituata a viaggiare su alti livelli, alza la mira e clamorosamente centra in pieno il bersaglio, regalando non solo un film emozionante e in più punti poetico, non solo una toccante storia d’amore visivamente fantastica, ma anche un’opera stratificata e leggibile su più piani, che gioca continuamente tra la tradizione e un’originalità che sfiora lo sperimentale (per lo meno se consideriamo il film nel campo dell’animazione “mainstream”). Se quest’ultimo aspetto conferma la teoria di chi considera la casa fondata da Lasseter come la più grande erede del miglior cinema classico americano, appunto per la capacità di far dialogare convenzione e originalità e di ottenere frutti interessanti da questo dialogo, i riferimenti sociali e fin politici vanno ben oltre l’ecologismo di fondo e l’invito a non sprecare rifiuti e risorse. Vengono prese di mira, più tra le righe, anche l’ideologia dello svago e dell’edonismo fini a sé stessi, il rischio di un isolamento nel proprio individualismo e della perdita di consapevolezza del proprio ruolo al mondo, insieme al pericolo dei mancati equilibrio ed “alleanza” tra sviluppo tecnologico e tradizione/storia, con l’eccessivo sbilanciamento verso il primo aspetto. Poi, certo, per amare questo film, più semplicemente, è sufficiente la scena degli estintori nello spazio.
WALL•E [id., USA 2008] REGIA Andrew Stanton.
CAST (DOPPIATORI ORIGINALI) Ben Burtt, Elissa Knight, Jeff Garlin, Fred Willard, Sigourney Weaver.
SCENEGGIATURA Andrew Stanton, Pete Docter, Jim Reardon. MUSICHE Thomas Newman.
Animazione, durata 100 minuti.