INEDITO – GERMANIA 2011
Sbagli
La società e le sue dinamiche opprimono l’individuo, spesso il cinema si è ispirato a questa osservazione per raccontare storie di uomini che necessitano di staccarsi dalla propria routine e dai propri problemi decidendo di “scappare”: uno degli esempi famosi più recenti è Into The Wild di Sean Penn; di quattro anni più vecchio, 2011, ancora inedito in Italia ma di tematica affine, è The River Used to Be a Man del tedesco Jan Zabeil.
Un attore tedesco in crisi esistenziale, decide di partire alla scoperta di un piccolo villaggio fluviale in Africa. Qui fa la conoscenza con un anziano che gli fa da guida lungo il percorso del fiume, tra di loro si crea una forte empatia, ma all’improvviso il vecchio muore e l’attore inizia una ricerca per trovare i familiari dell’amico e dargli una degna sepoltura: si ritroverà ad addentrarsi nella cultura e nelle ritualità del posto facendo un viaggio soprattutto dentro se stesso. Tra i molti pregi della pellicola di Zabeil uno spicca durante tutta la visione: una regia che riesce a rappresentare il disorientamento del protagonista attraverso la messa in scena di una natura crudele e reale, fatta di paesaggi, colori e suoni particolarmente funzionali al racconto. Un film assorbito dai silenzi, dialoghi miseri e colonna sonora inesistente, e di tanti pensieri quasi mai espressi ma evocati per immedesimare lo spettatore con il vissuto del giovane protagonista. Un instant movie che ha il valore di apparire poco studiato e molto improvvisato, una sceneggiatura che si basa su un plot semplice ma realistico. In alcuni momenti la visione può diventare difficoltosa, perché il film mostra la quotidianità di un popolo e di un luogo in simbiosi con la natura che lo circonda senza accomodamenti: manca l’azione, compensata però da sguardi e riprese coinvolgenti dal taglio documentaristico. Il sospetto, infatti, è che Zabeil volesse raccontare una zona dell’Africa e i suoi abitanti, e forse per mancanza di “mezzi” abbia optato per un racconto di finzione. Senza la tragicità finale del film di Penn e senza spettacolarizzazioni hollywoodiane, The River Used to Be a Man tocca molti argomenti nonostante la breve durata: scontro tra natura e uomo, presa di coscienza dell’impotenza umana, lotta tra culture lontane anni luce e solitudine. E alla fine ci si chiede cosa sia successo e perché, un ritorno a casa preludio di un nuovo caos emotivo e della consapevolezza che nella vita gli sbagli si pagano.
The River Used to Be a Man [Id., Germania 2011] REGIA Jan Zabeil.
CAST Alexander Fehling, Sariqo Sakega, Obusentswe Manyim, Babotsa Sax’twee.
SCENEGGIATURA Alexander Fehling, Jan Zabeil. FOTOGRAFIA Jakub Bejnarowicz.
Drammatico, durata 80 minuti.