Sundance Channel ha debuttato nel mercato, mai esigente quanto oggi, delle serie e ha superato la prova a pieni voti non con uno, ma con due progetti.
Il primo, Top of the Lake è una miniserie in sette episodi; dietro la macchina da presa c’è Jane Champion (con Gerard Lee) che mette in campo tutto il suo sapere nel gestire i due elementi fondamentali della sua poetica: la natura e la femminilità. Ambientata in Nuova Zelanda la serie pende avvio dall’immersione nel lago di Tui, una ragazzina di dodici anni. Tui prova a lasciarsi annegare, è incinta di cinque mesi a causa di una violenza sessuale. La serie si sviluppa sull’indagine della violenza da parte dell’ispettore di polizia Robin Griffin – tornato nelle sue terre d’origine dalla capitale Sydney. Attorno all’uomo ruotano le personalità della madre, della sua ex, di molte donne e pochi, pochissimi uomini destinati a fare da sfondo. Il secondo progetto è Rectify: sei episodi nella prima stagione, rinnovata per una seconda poco dopo la messa in onda dello straordinario pilota. L’incipit è semplice e lineare: un uomo viene liberato dopo essere stato per diciannove anni nel braccio della morte. Per ben 5 volte è stato sul punto di essere giustiziato e, per qualche motivo, l’esecuzione non è mai stata portata a termine. Daniel Holden è stato condannato per stupro e brutale omicidio dell’allora fidanzatina sedicenne; all’epoca aveva testimoniato la sua colpevolezza, ma l’esame del DNA ha dimostrato la sua presunta innocenza. Daniel non si esprime, non si dichiara né innocente né colpevole, ma non ci sono più prove a carico suo. Il ritorno in società è complicato, quasi irreale per lui; Daniel infatti aveva sviluppato in cella (un loculo bianco) una particolare tecnica di straniamento dalla realtà organizzando la sua quotidianità in rigide azioni routinarie e ora è incapace di vivere nel mondo. Non conosce la tecnologia contemporanea, non conosce più la sua famiglia, non è accettato dalla comunità che continua a ritenerlo colpevole. Il pilota è condotto quasi esclusivamente attraverso i caratteri dei personaggi, portatori di sofferenze e diversamente colpevoli di azioni che appartengono a un passato riemerso all’improvviso. La struttura della serie, quasi esclusivamente orizzontale, non lavora su cliffhanger, colpi di scena o sequenze d’azione, ma si nutre di parole e silenzi, di dolci ma virtuosi movimenti di macchina attorno ai volti e ai corpi dei protagonisti. Lo spettatore è risucchiato dallo sguardo sinistramente vuoto del protagonista, da quello spiritato della madre, da quello agguerrito della sorella.