SPECIALE APOCALISSE AL CINEMA
Cosa fare in caso di attacco nucleare
In piena guerra fredda e col ricordo di quegli assurdi tredici giorni dell’ottobre ’62, Peter Watkins, radicale pacifista, documentarista di impegno civile tra i padri del Free Cinema, si chiese cosa accadrebbe “realmente” e, più precisamente, quale sarebbe il destino della Gran Bretagna in caso di guerra atomica. La sua risposta è The War Game.
Prodotti dalla BBC, che avrebbe dovuto mandarli in onda il 6 agosto 1965, ventennale della distruzione di Hiroshima, i 48 minuti di The War Game erano troppo tosti per gli spettatori dell’epoca, tanto che il documentario venne trasmesso in tv solo nel 1985. Non tanto per le scene esplicite, quanto per il suo realismo, non frutto di effetti speciali o artifici tecnici, ma della geniale idea di Watkins di impostare il suo film di finzione come un documentario: The War Game, probabilmente, è il primo mokumentary della storia.
Con un fare che ricorda i Why We Fight di Frank Capra, finte interviste a gente comune, preti e soldati, sequenze da saggio scientifico, movimenti fluidissimi di macchina a mano e un senso del ritmo non comune, Watkins ipotizza un intervento militare della Cina in Vietnam, che porta all’escalation delle tensioni tra USA e URSS e al conseguente uso dell’atomica. Basandosi sui dati di Hiroshima e Nagasaki, su quanto visto dopo i bombardamenti sulla Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale, e sfruttando la consulenza degli strateghi della Royal Army, Watkins ricostruisce l’attuazione delle contromisure di emergenza, dalla legge marziale all’evacuazione forzata della popolazione, per mostrare quanto poco efficace e deleterio sia questo piano di fronte all’incontenibile devastazione della bomba. Esplosione descritta poi con inquietante fare scientifico, glaciale nell’illustrare le terribili menomazioni fisiche causate dallo scoppio (se si ha la sfortuna di non finire subito polverizzati), precisa e schietta sull’immenso raggio d’azione dell’ordigno e sulle fasi apocalittiche della sua deflagrazione. Infine, il dopo bomba, con il crollo della società, le città distrutte, la popolazione sopravvissuta storpiata e contaminata, la violenza che esplode nelle strade mentre migliaia di cadaveri vengono accatastati su orrende pire. Sottile, persistente, cinica scorre per tutto il film la vena di critica sociale tipica di Watkins: dalla giovane massaia bianca, il cui unico problema, al momento dell’evacuazione forzata, è quello di divedere spazi angusti con dei “negri” ai preti che glorificano la bomba perché voluta di Dio, fino al governo che distribuisce alla gente libelli sul “cosa fare in caso di attacco nucleare” solo all’ultimo minuto e alle sequenze (terrificanti!) dove i bobbies fucilano i dissidenti e finisco a pistolettate in testa i feriti gravi. I 48 minuti di The War Game “nuclearizzano” tutti i film “atomici” a venire, in primis il mediocre The Day After preso sempre, e ingiustamente, come metro di paragone in questo genere: Watkins va oltre, e mette in scena l’apocalisse più terrificante, quella che potrebbe davvero succedere, senza giri di parole, con fare oggettivo e senza mai far intuire la finzione allo spettatore (il che è miracoloso, e anche inquietante). A quasi cinquant’anni di distanza, The War Game rimane un cazzotto fortissimo allo stomaco, opera unica di una potenza incredibile, che lascia turbati e continua a far pensare. Un film fondamentale, che consigliamo di vedere in combo con il documentario The Atomic Café di Jayne Loader e Kevin e Pierce Rafferty (1982).
The War game [id., Gran Bretagna 1965] REGIA Peter Watkins.
CAST Michael Aspel, Peter Graham.
SCENEGGIATURA Peter Watkins. FOTOGRAFIA Peter Bartlett, Peter Suschitzky.
Mockumentary, durata 48 minuti.