SPECIALE APOCALISSE AL CINEMA
L’Apocalisse senza redenzione
“La gente è stupida ma non fino a questo punto”. Russell Oakes, medico del Missouri, scarta l’ipotesi di una guerra nucleare. I telespettatori del 1983 non si sentivano altrettanto ottimisti. Quando videro The Day After su ABC – un’audience di circa 100 milioni – un apposito numero verde fu istituito per tranquillizzarli.
Reazione comprensibile considerato il momento storico. La Guerra Fredda era ancora in corso e il primo mandato di Reagan aveva acceso toni ben lontani dal successivo clima di distensione. Evacuazioni simulate e costruzione di rifugi atomici erano realtà tutt’altro che sconosciute. Ma se il film di Nicholas Meyer turbò a tal punto i suoi spettatori non lo si deve soltanto a questo. Film del dopo, del pulsante schiacciato, The Day After mette in scena il disastro atomico con tetro disincanto. Un orrore senza discernimento che travolge l’umanità con ferocia ineluttabile. La lunga sequenza apocalittica, con l’esplosione dei missili nucleari, è una sinfonia di morte ancora impressionante. Non soltanto per l’efficacia degli effetti speciali, comunque premiati con un Emmy, ma soprattutto per il realismo impietoso con cui falcidia indistintamente famiglie e bambini, città e fattorie, nullificando ogni forma di esistenza. “Il giorno dopo” in questione non è certo quello di Emmerich, con un manipolo di eroici superstiti che si riabbracciano nella luce aurorale. È piuttosto una carrellata di disperata desolazione. Il sermone di un prete ha il suono irritante delle promesse tradite per una sparuta comunità agonizzante colpita dalle radiazioni. Le parole di un presidente invisibile cianciano di vittoria e di perdite contenute, mentre squallore e devastazione si susseguono nel montaggio. Il mito di un’America “in missione per conto di Dio” si rivela come menzogna al servizio del potere. Con il Vietnam sulla coscienza e una profonda sfiducia nei vertici, il soldato che diserta non è più simbolo di vigliaccheria ma di buon senso e lungimiranza. Il medico e il padre di famiglia completano il quadro delle figure idealmente intese a guida e protezione, adesso costrette all’impotenza. Altrettanto significativa la scelta di concentrarsi sulla popolazione di Kansas City. Niente Washington D.C. né imponenti Statue della Libertà, ma miglia e miglia di periferia ridotta a un’uniforme landa desertica. Non c’è quindi da stupirsi se il film suscitò polemiche e costernazione. Un’accoglienza che sconta tutt’ora, troppo spesso liquidato come l’ennesimo blockbuster privo di interesse se non per lo spettacolo. Decisamente, nulla di più falso.
The Day After – Il giorno dopo [The Day After, USA 1983] REGIA Nicholas Meyer.
CAST Jason Robards, JoBeth Williams, John Cullum, John Lithgow, Steve Guttenberg.
SCENEGGIATURA Nicholas Meyer. FOTOGRAFIA Gayne Rescher. MUSICHE David Raksin, Virgil Thomson.
Drammatico, durata 126 minuti.