SPECIALE RYAN GOSLING
Comprendere il caos
Dev’esserci stato un fraintendimento all’uscita di Drive, per quelli che allora videro il punto d’arrivo stilistico del percorso di un giovane regista e la diretta prosecuzione della sua poetica. Essa al contrario rappresentava probabilmente la realizzazione più anomala.
Forse è proprio per questo motivo che per molti Solo Dio perdona appare come una pellicola strana, troppo lontana dal precedente lavoro tradendo le aspettative createsi. Refn però realizza un’opera perfettamente in linea con la propria idea autoriale che fino a Drive lo aveva contraddistinto, avvicinandosi ad una messa in scena più distaccata e onirica come in Valhalla Rising e Fear X, mentre nel dispiegare il proprio concetto di violenza assume la stessa importanza teorica di Bronson. Un prodotto che si allontana anche da qualsivoglia coinvolgimento empatico con lo spettatore, opera di vero proseguimento delle proprie ossessioni visive e tematiche, Only God Forgives si differenzia proprio in questo da Drive, laddove quest’ultima realizzazione (unica a non esser sceneggiata dallo stesso Refn) presenta una strutturazione del racconto più conforme al coinvolgimento emotivo, e che lo stile accondiscende perfettamente. L’ambiguità morale di ogni singolo personaggio riafferma l’impossibilità di non cogliere una netta separazione etica tra positività e negatività, e allo stesso tempo riconferma la presenza di una forza primigenia violenta e incontrollabile che lega tutti alla stessa forma. La comprensione di questo fatto da parte dei protagonisti, personaggi che sanno di essere personaggi (più esplicitamente in Bronson o più fra le righe Only God Forgives), mostra come il piacere citazionistico diventi non solo cifra essenziale per palesare questo grado di autoriflessività, ma allo stesso livello essenziale per diventare puro piacere spettatoriale di riconoscibilità cinematografica. L’accusa di essere un’opera di solo e vuoto estetismo, rivolta a Solo Dio perdona – in quanto pellicola incapace di presentare discorsivamente le proprie ossessioni – non assume una vera consistenza, perché coerentemente con tutte le altre realizzazioni, Refn realizza un’opera in cui la violenza diviene un tutto indistinto assieme alla natura umana. E proprio il non aver intenzione – ma forse nemmeno la capacità – di mettere tutto ciò in forma discorsiva mostra la forza del suo contenuto: l’impossibilità di controllare il senso che la violenza ha per il suo autore la fa diventare pura ossessione visiva e tematica, caotica nella sua forma come caotica è la sua potenza.
Solo Dio perdona [Only God Forgives, Danimarca/Francia 2013] REGIA Nicolas Winding Refn.
CAST Ryan Gosling, Kristin Scott Thomas, Vithaya Pansringarm, Tom Burke.
SCENEGGIATURA Nicolas Winding Refn. FOTOGRAFIA Larry Smith. MUSICHE Cliff Martinez.
Thriller, durata 90 minuti.