Non so per voi, ma nel mio caso comprare un cd è diventato un evento eccezionale. Studiato, calcolato nei particolari, crudelmente selezionato su parametri di gusto sempre più stretti, e quindi atteso spasmodicamente. Devo avere la certezza di poter appagare appieno il mio feticismo, provare piacere nell’atto fisico di mettere il cd nel lettore e godermi il libretto mentre ascolto. Praticamente, il mio contributo all’industria musicale è legato alle sole pubblicazioni di Elio e le Storie Tese.
Ieri è uscito L’album biango, ergo grandi mobilitazioni, precedute da tutto il can-can di San Remo e del Concertone: La canzone mononota ormai a memoria, Dannati Forever e il suo video a la Terry Gilliam, le ridicole discussioni pseudo-politiche su Complesso del primo maggio. Andando indietro nel tempo erano già state presentate nei live i brani Il ritmo della sala prove, equivalente “eliano” di Joe’s Garage di Zappa, Enlarge (Your Penis), Come gli Area… insomma mancava solo l’album completo.
Ieri era il gran giorno: sveglia relativamente presto per andare in quel negozietto che è sì un po’ più lontano, ma forse ci trovo un qualche sconto (no), di corsa a casa a sentirlo, che l’autoradio s’è rotta. E lui è lì sull’altro sedile, biango e incelofanato che brama di essere ascoltato, e infine play sul lettore con il volume a palla e il libretto tra le mani (un po’ scarno, ad essere sinceri). Punto subito agli inediti: il divertissement Lampo; la grottesca Luigi il pugilista, campione dei pesi paglia perché portava gli occhiali e quindi nessuno lo picchiava; Una sera tra amici dal testo corrosivo nascosto nel ritmo rassicurante di un simil doo-woo anni ’50; Amore amorissimo e i suoi psicotici superlativi, che cita Modugno e vola sul funky lanciata dai fiati spettacolari di Demo Morselli; Il tutor di Nerone, riflessione semiseria sulla frenesia dei tempi moderni. Chiudono l’album Reggia (base per altezza), strumentale suonata dagli Area come preludio a Come gli Area, già cult con versi tipo “Come tutti sanno il pubblico fascista non ha mai capito un cazzo di musica/sì, però i compagni quando c’è da tirar fuori i soldi… tutto tace”, e A piazza San Giovanni, cantata da Finardi come intro per Complesso del primo maggio.
L’album biango (la spiegazione più divertente a questo nome la dà Faso, citando il “pennarellone che scrive biango” della storica T.V.M.D.B.) è proprio come lo ci si poteva aspettare, anche perché buona parte dei brani, in un modo o nell’altro, si erano già sentiti e in alcuni casi stavano pure iniziando a rompere le balle (tipo La canzone mononota). E gli inediti, seppur geniali come sempre con menzione speciale per Amore amorissimo, non vanno oltre la burla grottesca, e in qualche modo si può immaginare dove andrà a parare una canzone già a metà ascolto. Eppure ogni volta si rimane affascinati, e diavolo, si ride alla grande! Beh, forse non così tanto: quella sensazione di prevedibilità questa volta era forte, e riascoltare l’album un po’ sottolinea il sentimento di presunta delusione, pur col bilanciamento della solita carriolata di citazioni musicali e microchicche nascoste tra le note, la cui ricerca è da sempre fonte di grande soddisfazione per il fan ossessivo. Il gioco però comincia a stancare: L’album biango, nella sua bellezza a tratti geniale, è il piccolo capolavoro che ci si aspettava. Il che non è proprio positivissimo…