SPECIALE STEVEN SODERBERGH
Il mercato ci guarda
Una regia scarna, ridotta alle inquadrature essenziali, docu-drama destinato a ispirare un intero decennio di serialità televisiva, Traffic rappresentò il momento più alto della carriera di Steven Soderbergh: oggetto sfuggente e vagamente mitologico, dimostrava non solo le doti di un (ancor) giovane regista, ma soprattutto il suo carisma nel catalizzare, in poco più di due ore, elementi di continuità col cinema commerciale ed ingredienti inediti, coerenti al suo cinema migliore.
Traffic fu il film del premio Oscar sottratto a Ridley Scott, fu il coraggioso film che, inserendosi nel discontinuo filone del dramma di denuncia, consacrava definitivamente grandi attori degli anni Ottanta e Novanta e indirizzava l’immaginario collettivo verso nuovi volti, corpi inediti di cui avremmo sentito parlare a lungo. Uso nervoso ma pianificato della macchina a mano, immagini grezze che spesso sgranano e virano in giallo e in blu, tre vicende parallele, ugualmente dense e misurate, capaci di intrecciarsi senza mai coincidere: Traffic non è semplicemente un film sulla droga, sulle ragioni private che ne determinano l’uso e la necessità. Della droga, anzi, questo film mostra poco o pochissimo, scegliendo intelligentemente di affrontare il tema del consumo con lo sguardo, insieme cinico e tragicamente lassista, degli adolescenti della upper class. Il vero punto di vista che orchestra le vicende e i destini dei personaggi diventa così il mercato stesso, quel flusso confuso e costantemente re-inventato di operazioni che ne assicurano la prosperità: la droga non scorre nel sangue, scorre invisibile sulle strade e nei tribunali, dentro alle camere degli alberghi ad ore e nei lussuosi appartamenti di famiglie dilaniate dal silenzio. La droga non è semplicemente droga, è quel grande traffico di corpi e menti votate al potere o alla sottomissione, all’arricchimento o alla rovina, inconsapevole orizzonte comune dove bene e male non solo si confondono, ma convivono con l’illusione di una trattativa. In questo quadro drammatico e senza apparenti vie d’uscita, Soderbergh sembra suggerire la necessità di una presa di coscienza individuale, grazie alla quale ripartire e affrontare la realtà. Assecondato da un ritmo quasi documentaristico, Traffic si rese in questo senso testimone dell’esigenza di un cambio di tono all’interno del cinema americano, del desiderio cioè di inquadrare con occhi molto attenti, con nuova ponderata serietà, le storie che inauguravano il ventunesimo secolo.
Traffic [Id., USA/Germania 2008] REGIA Steven Soderbergh.
CAST Benicio Del Toro, Michael Douglas, Catherine Zeta-Jones, Tomás Milián.
SCENEGGIATURA Stephen Gaghan. FOTOGRAFIA Steven Soderbergh. MUSICHE Cliff Martinez.
Thriller/Drammatico, durata 137 minuti.