SPECIALE STEVEN SODERBERGH
La composizione dei contrasti
Articolata e raffinata triangolazione di sguardi, rappresentazione gelida di desideri implosi, l’essenziale Bubble è, nel progetto di Soderbergh, il primo di un ciclo di sei film dedicati all’America meno conosciuta e più periferica, da realizzare per la HDNET, utilizzando solo attori non professionisti e scrivendo le sceneggiature sulla base dei luoghi dove ambientare i film.
Nel caso di Bubble, lo script nasce dopo aver scoperto l’esistenza, tra il West Virginia e l’Ohio, di una fabbrica di bambole, elemento visivo impressionante e inquietante che fa da sfondo alle tristi vicende dei personaggi principali, tutti e tre impiegati nella fabbrica. Si delineano, così, due aspetti caratterizzanti, in Bubble. Da un lato, il lavoro sugli attori, lasciati liberi di improvvisare dialoghi con grande spontaneità, sulla base di una sorta di canovaccio o di argomenti concordati, con un effetto realistico di notevole efficacia, dovuto anche alla presenza di tempi morti nei dialoghi, peculiarità non molto ricorrente nel cinema statunitense. Dall’altro lato, va in direzione contraria rispetto al realismo la spettralità da horror della fabbrica di bambole, non l’unico degli interni del film, ma senza dubbio il luogo dove, soprattutto nella mensa, si sviluppano le dinamiche relazionali tra la coppia di amici Martha/Kyle e la giovane nuova arrivata, la ragazza-madre Rose. Basterebbe aver visto Psycho per prevedere il destino riservato alle ladre come Rose, ma Bubble non è un thriller. Soderbergh, anche direttore della fotografia e montatore, quindi vero e proprio autore del film, predilige qui inquadrature fisse e un andamento lento, con un effetto a metà tra il vuoto percepito dallo spettatore-voyeur delle prime edizioni del Grande Fratello e l’estetica della solitudine tipica della pittura di Hopper (Martha che mangia, seduta in una tavola calda deserta). Tenendo conto che Soderbergh utilizza la figura intera e il campo lungo quando nessuno se lo aspetta, si comprende come il distacco quasi divino con cui la mdp osserva queste povere pedine umane sia estremamente straniante e anti-realistico. Nello studiato contrasto tra naturalismo e pittoricismo, dunque, sta il fascino di Bubble, ennesimo, spiazzante, esperimento di un regista teorico e imprevedibile, tra i più cerebrali della Hollywood contemporanea.
Bubble [id., USA 2005] REGIA Steven Soderbergh.
CAST Debbie Doebereiner, Dustin James Ashley, Misty Wilkins.
SCENEGGIATURA Coleman Hough. FOTOGRAFIA Steven Soderbergh. MUSICHE Robert Pollard.
Drammatico, durata 73 minuti.