Far East Film Festival 15, 19 – 27 aprile 2013, Udine
La forma dell’acqua
Una stanza come unico perimetro in cui trascorrere ventidue lunghi giorni, pareti che sembrano vacillare, mentre comprimono la forza di volontà di un uomo ridotto all’ombra di se stesso, umiliato, prostrato e offeso oltre ogni immaginazione.
Corea del Sud, settembre 1985: l’attivista democratico Kim Jong-tae (nome di finzione al posto del reale Kim Geun-tae) viene prelevato dalla polizia e trasferito nel famigerato centro di tortura di Namyeong-dong, il tutto per estorcergli informazioni riguardo una presunta violenta rivolta da lui capeggiata a sostegno della Corea del Nord. Presentato dal suo stesso produttore, Kim Ji-yeon, durante la terza giornata del Far East Film Festival di Udine, la pellicola porta come premessa il successo di critica ottenuto in patria e la partecipazione al Busan International Film Festival, dove acquista l’etichetta “film della tortura”.
Ormai è noto, il nostro grado di tolleranza nei confronti della violenza in generale si è decisamente alzato, colpa o merito di un’esposizione sempre maggiore a cui la nostra mente viene esposta quasi quotidianamente. Ma sia ben chiaro, National Security non è Saw! L’obiettivo è di portare lo spettatore all’interno del dolore privato provato dal protagonista, una sofferenza che non tocca nemmeno più il livello fisico ma si impianta nel cervello e lì scava profondo. L’essere umano è tanto solidale quanto malvagio, un esempio molto forte è dato dalla facilità con cui gli aguzzini riescono a infliggere dolore e dopo qualche minuto accomodarsi intorno a un tavolo per discutere di baseball e di donne. L’essere umano è incline alla sopravvivenza, ed è proprio questa l’azione a cui ogni singolo soggetto in scena è spinto: resistere per rivedere la luce del sole e la libertà, torturare per lavorare, per salire di grado in una gerarchia, per non essere uccisi dal sistema. Nonostante tutto, occorre sottolineare che non si tratta di un film che si costruisce con, sulla rabbia, ma è un’opera solidificata su un forte tasso di empatia che lo spettatore è spinto a condividere con i personaggi, con tutti i personaggi, per appoggiare il loro sforzo o condannarli ad un’esistenza misera. Ognuno di noi è chiamato a scegliere la propria risoluzione, forzando un ragionamento che trascende la storia per confluire in uno del tutto personale sulla nostra essenza di esseri umani. Chi ci aiuta a far ciò è il regista, Jeong Ji-yeong, che sembra giocare con movimenti di macchina, prospettive e punti di vista, in una cascata di dettagli, passaggi, oggetti che scandiscono il tempo maledetto, come un innocente ritornello fischiettato distrattamente.
National Security [Namyeong-dong 1985, Corea del Sud 2012] REGIA Ji-yeong Jeong.
CAST Park Won-Sang, Lee Kyoung-Young, Myeong Gye-Nam, Lee Chun-Hee.
SCENEGGIATURA Lee Dae-II, Chung Sang-Hyup, Kang Min-Hee, Chung Ji-Young. FOTOGRAFIA Seo Min-Soo. MUSICHE Shin Min.
Drammatico, durata 110 minuti.