QUARANT’ANNI DI LUPO ALBERTO
Un Lupo da amare
Tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà dei Settanta, il fumetto umoristico italiano ha conosciuto probabilmente la sua più grande stagione, regalando – grazie soprattutto al genio di Bonvi per quanto riguarda le strisce (Le Sturmtruppen uber alles) e a quello di Magnus e Bunker nelle storie lunghe (Alan Ford, ma anche Maxmagnus) – più di un personaggio di culto e di livello assoluto ed incisivo.
Tra questi Lupo Alberto, che quest’anno spegne le 40 candeline ed è tra i più celebri e longevi. L’inconfondibile lupo azzurro, insieme agli altri animali antropomorfi della fattoria McKenzie, fece la sua prima apparizione nel 1973 sulle pagine del mensile Undercomics anche se era assente nella primissima striscia, che rappresentava il gallo della fattoria cantare all’alba e, con un ombrello piantato in bocca, pensare che effettivamente aveva avuto il dubbio fosse domenica. Alberto compare subito dopo, nella situazione che diventerà più tipica: mentre rapisce l’amata gallina Marta, sua fidanzata, per imboscarsi con lei tra i cespugli sfuggendo dalle grinfie di Mosè, il grosso e peloso cane guardiano della fattoria. Papà del lupo è Silver, cresciuto sotto l’egida di Bonvi, con cui collaborò alle avventure di Nick Carter e soprattutto di Cattivik: l’influenza del fumettista modenese, perlomeno nelle strisce dei primi anni, si vede sia nel tratto grafico e nella definizione dei personaggi, sia nel tipo di umorismo sferzante, qua e là surreale, straniante e politicamente scorretto. Pubblicato dal 1974 su Il Corriere dei ragazzi e poi dal 1976 su Eureka, gradualmente le strisce autoconclusive lasciano spazio a tavole e poi storie di più ampio respiro, che da un lato cambiano l’impronta umoristica (più vicina alla commedia di costume, volendo fare un paragone cinematografico, pur mantenendo l’efficacia e il politicamente scorretto), e dall’altro rendono meno centrale la triade Alberto/Marta/Mosè e più corale l’opera. Tra i personaggi acquisisce negli anni un’importanza sempre maggiore Enrico La Talpa, fino a diventare spesso co-protagonista (e in certi casi protagonista). La Talpa diventa portavoce del qualunquismo ipocrita e strisciante, dell’egoismo e delle piccole vigliaccherie mascherate dal perbenismo ed edulcorate da certe mode culturali, di cui in molte occasioni il Lupo diventa vittima o involontario e basito complice, apparendo – in una certa ottica – come simbolo delle conseguenze subite dalla persona comune. Lupo Alberto, soprattutto nei primi anni, è – riflettendo, così come molti fumetti comici di quegli anni, gli influssi se non della contestazione, per lo meno della cultura giovanile dell’epoca – simbolo dell’anarchia e della libertà, contrapposte all’ordine costituito portato da Mosè e al conformismo “buono” e adorabile ma sotto certi aspetti borghese di Marta. La fattoria McKenzie, oltre ad essere sempre stata foriera di risate, è sempre stata una costante metafora sociale, irrigata continuamente da canali di satira e di rappresentazione di costume, perlopiù impliciti, a volte più diretti: basti ricordare i riferimenti alle Brigate Rosse quando Enrico la Talpa fonda il movimento “Bravi Ragazzi”, o alla rivendicazione dei diritti civili quando lo stesso si proclama gay, senza dimenticare una recente e amara storia che parla di kamikaze. Certo, poi l’importante è comunque ridere ed affezionarsi ai personaggi, ma difficilmente questo non accade dopo un po’ che frequenti gli abitanti della fattoria McKenzie.
Lupo Alberto [Id., Italia 1974- ] CREATO DA Silver (testi e disegni).
ALTRI SCENEGGIATORI E DISEGNATORI (lista non completa) Casty, Giacomo Michelon, Francesco Artibani, Piero Lusso e Bruno Cannucciari.
PUBBLICATO SUL Corriere dei ragazzi (dal 1974) e come albo mensile dal maggio 1985.