SPECIALE MONDI SCONOSCIUTI
Nessun primato per i primati
Non essendo né un reboot – com’è invece L’alba del pianeta delle scimmie – né un vero e proprio remake, ma piuttosto una specie di re-visione, un riadattamento personale, analogo ad altri film di Burton (Batman, La fabbrica di cioccolato, Alice in Wonderland, Dark Shadows, l’auto-rifacimento Frankenweenie), Planet of the Apes ha il suo punto debole proprio nella carenza di originalità nel ricreare un mondo finzionale già noto.
Infatti, Burton sembra qui frenato tanto dalla lontananza della fantascienza intellettuale del seminale prototipo Il pianeta delle scimmie (1968), dalla propria poetica di stupore infantile e meraviglia, quanto dalla produzione kolossal a grosso budget, che impone una standardizzazione e un’omologazione alla struttura narrativa dell’action movie, il macrogenere trasversale dominante in lungo e in largo nel cinema hollywoodiano dagli anni Ottanta ai giorni nostri. Vengono meno, così, la libertà e la poesia che caratterizzano i film migliori di Tim Burton. Planet of the Apes, perciò, è un film che ha anche alcuni meriti tecnici, dalle musiche del solito Danny Elfman ai trucchi del mitico Rick Baker (King Kong, Greystoke, Gorilla nella nebbia, Il grande Joe), e sequenze di battaglia ben girate. Ma non riesce mai a sembrare necessario e innovativo, limitandosi ad aggiornare all’estetica mainstream contemporanea una storia già risaputa, senza quei tocchi autoriali che gli avrebbero assegnato un ruolo più importante nella filmografia di Burton. Di burtoniano nel film c’è il rovesciamento della solita tematica della diversità, con l’essere umano normodotato stavolta a fare la parte dell’emarginato, insieme ai suoi simili, nei confronti delle scimmie. C’è la variante scimmiesca della scena primaria della morte del padre, che era già presente in Batman ed Edward mani di forbice, storie di orfani, e sarà il fulcro di Big Fish. C’è la commistione di generi: la fantascienza di Star Trek, di 2001: odissea nello spazio e degli alieni cattivi, il film d’azione, l’umorismo da commedia nei dialoghi, i cavalli e i paesaggi montuosi, desertici del western, le strategie militari e gli eserciti del film di guerra, i combattimenti corpo a corpo e le scene di massa del film epico-storico. Ma tutto ciò non ci toglie il dubbio che anche un regista con meno personalità, un oscuro mestierante, avrebbe potuto dirigere il film, ottenendo risultati simili.
Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie [Planet of the Apes, USA 2001] REGIA Tim Burton.
CAST Mark Wahlberg, Tim Roth, Helena Bonham Carter, Paul Giamatti.
SCENEGGIATURA William Broyles Jr., Lawrence Konner, Mark Rosenthal (dal romanzo di Pierre Boulle La planète des singes). FOTOGRAFIA Philippe Rousselot. MUSICHE Danny Elfman.
Fantascienza, durata 119 minuti.