XX FilmForum Festival, International Film Studies Conference, 12-21 marzo 2013, Udine/Gorizia
Andata e ritorno
La strada tra Io e Noi è a doppio senso di marcia: si percorre avanti e indietro, e non certo in linea retta. Intorno, il mondo sfuma in un paio d’ore dal mezzogiorno alla sera, fregandosene della verosimiglianza che chiede alle unità arisoteliche spaziali e temporali di scorrere parallele.
The We and the I è un oggetto apparentemente anomalo, sia nella filmografia del regista Michel Gondry, sia nelle rassicuranti coordinate dell’industria cinema. L’autore della sfrenata fantasia artigianale, scuola videoclip, artificio e sogni sciolti, sceglie questa volta la forma della docufiction; il progetto, difficilmente incasellabile (e, temiamo, difficilmente distribuibile), parte da un workshop collettivo tenutosi in un’high school newyorkese, da un’esperienza condivisa di storytelling, per poi rimettere in scena in un lungometraggio le verità raccontate in partenza, facendole reinterpretare agli stessi studenti origine delle storie. In realtà il risultato finale che si srotola sullo schermo è a prima vista molto più convenzionale di quel che ci si potrebbe aspettare: nell’odissea di un gruppo di ragazzi che torna a casa sullo stesso autobus al termine dell’ultimo giorno di scuola rivediamo i topoi caratteristici del teen drama e quelli del racconto di formazione, frammentati in rivoli di storie straordinariamente quotidiane e insolitamente filtrate da una lente di verità. In più di un passaggio The We and the I ricorda il primo Spike Lee, quello dei ghetti colorati pop, dei dialoghi fiume in slang, dell’umanità esplosiva, dell’energia vitale e scorretta di certe periferie hip hop. In realtà, nonostante l’apparenza, Gondry non potrebbe essere più Gondry di così. In sostanza, The We and the I sembra essere la (ri)affermazione di un cinema che si fa con le mani e l’inventiva, e che apre a chiunque la possibilità di rimescolare vita e sogno su pellicola, rendendosi protagonista del proprio film personale. All’esterno dei finestrini del microcosmo autobus, scorrono in egual modo ricordi e immaginazioni dei ragazzini, cuciti insieme negli effetti speciali illusionistici e fatti di carta colorata e di cartone che tanto piacciono all’autore di L’arte del sogno e Be Kind Rewind. E nemmeno mancano i rimpianti, i rimorsi, le messe in abisso di se stessi (la coppia che si scambia i ruoli per comprendere le reciproche sofferenze, la ragazza che si disegna dentro i desideri per l’estate a venire) del regista di Eternal Sunshine of a Spotless Mind. Il microcosmo autobus è una scelta ideale, l’età dei suoi occupanti meravigliosa, triste e irripetibile: polveriera di futuri possibili, linea d’ombra di identità in costruzione. Il percorso dall’Io al Noi è a doppio senso di marcia e arzigogolato e imprevedibile, fatto di regole comunitarie inaccessibili agli adulti, dove l’equilibrio tra omologazione e solitudine sta costantemente sul punto di esplodere. Si cerca se stessi a rischio di perdersi, ci si stacca dal Noi dolorosamente, tra un’umiliazione pubblica e una privata alienazione. Mentre il bus si svuota, fuori scende la notte, si allungano ombre di tragedia, poi l’obiettivo si chiude, come un mascherino d’altri tempi, sui “sopravvissuti”. Che possono forse costruire un nuovo Noi sul cammino del diventare adulti. Dentro un nuovo film, tutto da scrivere, girare, montare, mettere in scena.
The We and the I [Id., USA 2012] REGIA Michel Gondry.
CAST Michael Brodie, Teresa Lynn, Laidychen Carrasco, Manuel Rivera.
SCENEGGIATURA M. Gondry, Paul Proch Jeff Grimshaw. FOTOGRAFIA Alex Disenhof.
Docufilm drammatico, durata 103 minuti.