Look at my shit
Spring. Break. Spring. Break. Spring. Break. Se avete mai fatto questo gioco da piccoli, sapete che le parole, a ripeterle tante volte, si perdono e diventano liquide. Destrutturate in sillabe, disarticolate in suono puro, si trascinano dietro il proprio senso, ma come se fosse un accidente, un’eco lontana.
Così fa Spring Breakers, frammentando la sua estetica ipersatura in illimitate ripetizioni, loop, variazioni, ellissi, slittamenti temporali, sovrapposizioni asincrone di dialoghi e immagini. Dai corridoi e i dormitori di un’università qualunque fino alle accecanti spiagge della Florida, dalle ringhiere dei motel in serie alle strade elettriche in decappottabile, dal bordo di una piscina fino a un molo notturno, batte il metronomo ininterrotto di un’arma che si carica. Previsione, pulsione di morte oppure allegoria, fate un po’ voi. Lavorando sull’insistenza e sull’eccesso (emblematica la sequenza d’apertura, copia conforme dei migliaia di video di veri “spring breakers” che affollano YouTube), accumula una sull’altra razioni d’immaginario così come Alien/James Franco ammucchia roba («Look at my shit! Look at my shit!»), e cioè fino alla nausea di un sogno americano che, a forza di ripetersi, è diventato solo un rimbombo distante. Giocando con i contrasti e le (de)contestualizzazioni, Harmony Korine insegue le contraddizioni, fa affiorare le crepe e scatena risate d’esaltazione: come eroine della storia sceglie, altre alla sua giovane moglie Rachel, tre volti poco cresciuti e molto conosciuti del Disney Club (Vanessa Hudgens da High School Musical, Selena Gomez da I maghi di Waverly, Ashley Benson da Pretty Little Liars); in una delle scene topiche, sulla luce arancione di un tramonto caraibico, scaglia Britney Spears, un pianoforte bianco, dei passamontagna rosa, mitra, bikini, Mio Mini Pony. Esasperando i ralenti, sfiorando dimensioni oniriche e ipnotiche, vivifica la luce obliqua di un crepuscolo stiracchiato, all’interno del quale si può dire «Spring break forever» e ci si può anche credere davvero. Almeno fino a quando, con lo stesso vuoto candore con cui si pretendeva uno stacco da “questi giorni sempre uguali”, si promette alla nonna di “tornare a casa e fare la brava”. L’avventura delle spring breakers è un’ascesa gangster teen, ma spogliata di ogni tragicità, assente da ogni giudizio moralista, declinata secondo la non ideologia dell’intrattenimento perpetuo (in tanti dicono “Mtv”, e si intende non solo la logica da videoclip gangsta rap, ma anche la vacuità da reality plastificato che ha sostituito la musica su quel network). Un cortocircuito compatto di contenuto e forma, tanto contemporaneo e divertente da far male, destinato all’olimpo dei cult movie.
N.B.: La recensione si riferisce alla visione del film in lingua originale.
Spring Breakers – Una vacanza da sballo [Spring Breakers, Usa 2012] REGIA Harmony Korine.
CAST James Franco, Ashley Benson, Vanessa Hudgens, Selena Gomez, Rachel Korine.
SCENEGGIATURA Harmony Korine. FOTOGRAFIA Benoît Debie. MUSICHE Skrillex, Cliff Martinez.
Drammatico/Commedia/Thriller, durata 94 minuti.