Meglio il lato negativo
Se cercare il “lato positivo” nelle vicissitudini della vita, per conquistare il singolo lieto fine nascosto in ogni avversità, significa lasciarsi impunemente sommergere dallo zucchero filato dei buoni sentimenti e delle lezioni di vita fai da te (e da canzonette orecchiabili), allora ci sia consentito fuggire a gambe levate per rifugiarci nel “lato negativo” alla ricerca di rapporti profondi, di passioni autentiche, di film sinceri.
Pat, fisico prestante e occhi di ghiaccio, soffre di un disturbo bipolare che gli provoca improvvisi sbalzi d’umore. Uscito dalla clinica psichiatrica in cui era stato ricoverato dopo aver pestato l’amante della moglie colto in flagrante adulterio sotto la doccia (reazione comprensibile, suvvia), cerca di ricostruirsi una vita “normale” ritornando nel nido familiare. Sarà ovviamente impresa ardua tra una madre troppo apprensiva, un fratello bruttino ma di successo e un’ingombrante figura paterna ossessionata dall’ordine, dalle scommesse e soprattutto dal football, cui dedica una serie di rituali scaramantici prossimi alla patologia. Manca qualcosa? Certo, l’incontro decisivo con una giovane vedova apparentemente depressa e disinibita che – sorpresa! – gli cambierà la vita. Come? Ma con una romantica gara di ballo, che diamine! Pat, stordito dagli occhioni azzurri di lei (o più verosimilmente dalla notevole scollatura), dimostrerà a tutti quanto sia semplice superare dei seri disturbi psicologici: un po’ di ottimismo, una bella ragazza al fianco e due passi di tip tap. Nella galleria di personaggi indimenticabili non mancano il simpatico compagno di clinica di Pat, mattacchione al punto giusto, e l’amico di vecchia data che sfoga le frustrazioni del matrimonio ascoltando i Metallica in garage (sic). Poi il vecchio Bob, il fu Robert De Niro, gigioneggia a piacimento con manieristico impegno e Jennifer Lawrence rende edotta la popolazione su come si possa, con una serie infinita di mossette, tra occhi spalancati e labbra imbronciate, vincere l’agognato Oscar, suggellando così la sua entrata nell’effimero stardom delle giovani attrici lanciate dai kolossal fantasy (Hunger Games nel suo caso): un viso fresco e grazioso dato in pasto alla famelica folla crudelmente pronta a dimenticarlo in fretta. Firma l’indigesto dolciume David O. Russell, che conferma il suo debole per i personaggi dalla psiche labile (ricordate il Christian Bale del recente – anno 2011 – e più apprezzabile The Fighter?), e in una confezione curata condisce la superficialità diffusa con una colonna sonora insignificante. Consigliato ai fan (non so se molto numerosi in Italia) della squadra di football dei Philadelphia Eagles della quale si parla per buona parte del film. La qual cosa, visto il resto, non è poi così negativa.
Il lato positivo [Silver Linings Playbook, USA 2012] REGIA David O. Russell.
CAST Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Jacki Weaver.
SCENEGGIATURA David O. Russell. FOTOGRAFIA Masanobu Takayanagi. MUSICHE Danny Elfman.
Commedia drammatica, durata 122 minuti.